Dharamsala (AsiaNews) – La dissidenza tibetana “non ha alcun rapporto con al-Qaeda: le accuse che ci lancia contro la propaganda comunista non hanno alcuna base, e cercano soltanto di screditare il nostro impegno. Se questo non fosse vero, saremmo un’organizzazione nascosta, ed invece facciamo politica davanti a tutti da decenni”. Lo dice ad AsiaNews il vice presidente del Congresso dei giovani tibetani, Dhondup Dorjee, che rigetta le accuse di terrorismo lanciate ieri dal governo cinese.
Il governo indiano ed i suoi servizi segreti, sottolinea Dorjee, “seguono da anni le nostre attivita’, che sono chiare e trasparenti. Pechino sa che noi abbiamo un mandato politico, ricevuto dalla popolazione tibetana in esilio, ed ha paura di questo. Siamo diffusi in 83 regioni sparse fra Cina, Tibet, India e Nepal, e possiamo contare su 30mila membri attivi. La Cina ha paura di questo, ma sa benissimo che non siamo terroristi”.
Le prime accuse di fondamentalismo erano state lanciate dall’agenzia governativa Xinhua lo scorso marzo, quando un giornalista italiano aveva pubblicato un’intervista al leader degli indipendentisti tibetani sostenendo che fossero in preparazione “attentati suicidi sul territorio cinese”. La smentita all’intervista, inviata il giorno seguente, non e’ mai stata pubblicata.
Secondo l’attivista tibetano, questa “e’ la normale procedura del governo cinese, che attacca dando del terrorista a chiunque non condivida la sua politica. La nostra e’ una lotta politica, per l’indipendenza del Tibet: rigettiamo il fondamentalismo”. Proprio questo, conclude Dorjee, “ci differenzia dal Dalai Lama. Lui, che ne ha piena facolta’, chiede autonomia: noi vogliamo l’indipendenza. Il leader religioso e’ un campione della non-violenza ed accetta un compromesso, anche se crede fermamente nella democrazia. Noi sappiamo che sotto Pechino non esiste democrazia, e per questo vogliamo essere del tutto indipendenti”.