Chiesa dello Sri Lanka: continua l'arruolamento di bambini soldato
di Melani Manel Perera
Un rapporto della Commissione giustizia e pace della diocesi di Jaffna denuncia il dramma dei bambini spinti ad arruolarsi dietro le minacce e il terrore operati da esercito e ribelli. L’allarme è per le ripercussioni sociali di generazioni cresciute nella violenza.

Colombo (AsiaNews) – La Chiesa cattolica in Sri Lanka riporta l’attenzione sul problema dei bambini soldato impiegati nella guerra civile nel nord dell’isola e indica come responsabili della situazione sia i ribelli delle Tigri tamil (Ltte) che le forze speciali dell’esercito. Un rapporto della Commissione giustizia e pace della diocesi di Jaffna denuncia oggi che tra le vittime del conflitto molte sono bambini: “i più si arruolano nelle fila delle Ltte senza che i genitori ne siano a conoscenza, dopo aver subito minacce, rapimenti, torture, nella più totale violazione dei loro diritti”.

I responsabili non sono solo i ribelli con i loro metodi violenti, ma anche le forze di sicurezza di Colombo che contribuiscono a creare un clima di terrore, “cercando con le intimidazioni di mettere a tacere le rivendicazioni di pari diritti della comunità tamil”. Il documento di Giustizia e pace punta il dito anche contro la propaganda del governo, secondo il quale obiettivo delle operazioni militari sono solo le basi delle Ltte, mentre i media danno in continuo notizie di “bombardamenti nei pressi di zone abitate con perdite anche tra i civili, di cui sono diffusi nomi e cognomi confermati anche dalle autorità sanitarie”.

Il rapporto lancia l’allarme sul futuro di una società “malata mentalmente” a causa dei traumi subiti dalle nuove generazioni. “Molti bambini – si legge nel documento – raccontano ai sacerdoti di avere paura a partecipare ai servizi funebri di loro coetanei uccisi: i soldati potrebbero associarli ai ribelli e pensare che tra loro vi siano legami; molti sono scomparsi o morti a causa di queste ‘presunte’ relazioni”.

Infine la Chiesa di Jaffna ribadisce la necessità che il governo “faccia il primo passo” per dichiarare l’area del santuario mariano di Madhu come “no war zone” e luogo di rifugio per i numerosi sfollati della zona.