Corte islamica “autorizza” una conversione dall'islam al buddismo
Nello Stato di Penang un tribunale islamico emette una rara sentenza accettando la richiesta di una donna di lasciare l’islam. Negli ultimi anni proprio la chiusura dei giudici islamici sui casi di conversione ha provocato forti tensioni sociali e politiche.

Kuala Lumpur (AsiaNews/Agenzie) – Una corte islamica in Malaysia ha accettato la richiesta di una donna convertita all’islam di tornare al buddismo, la sua religione originaria. La sentenza si ritiene la prima di questo tipo negli ultimi anni, che hanno visto una progressiva chiusura dei giudici islamici sulle cause di cittadini intenzionati a lasciare l’islam, religione di maggioranza. A riferire il caso è Ahmad Munawir Abdul Aziz, avvocato per il Consiglio degli Affari islamici dello Stato di Penang, nel nord del Paese. Secondo quanto racconta il legale, il tribunale ha dato il permesso a Siti Fatimah Abdullah di riabbracciare il buddismo che aveva lasciato nel 1998 per sposare un musulmano di origine iraniana.

Di recente sono accaduti casi simili a di Siti Fatimah, m si son conclusi con la proibizione a cambiare reigione, creando forti tensioni etnico e religiose in Malaysia. Il più famoso è quello di Lina Joy, di etnia malay, a cui l’anno scorso dopo una lunga battaglia legale non è stato riconosciuta la conversione al cristianesimo. Pur garantendo formalmente piena libertà religiosa, infatti, la Malaysia stabilisce che tutte le questioni di fede dei malay - anche la loro conversione - vadano giudicate dalla Corte islamica e non dalle leggi civili. Di fatto nel Paese esistono due legislazioni: quella islamica e quella costituzionale che spesso entrano in conflitto. Nel caso di Lina Joy è evidente: la Costituzione garantisce la libertà di religione; la legge islamica proibisce la conversione a un'altra religione.