Sialkot, musulmano condannato a morte per blasfemia
di Qaiser Felix
Secondo il direttore della Commissione diocesana per il dialogo interreligioso di Faisalabad, questa sentenza dimostra ancora una volta il pericolo della legge contro la blasfemia, che colpisce in modo ingiusto non solo le minoranze, ma l’intera società pakistana.
Sialkot (AsiaNews) – La Corte di giustizia del distretto di Sialkot ha condannato a morte questa mattina Shafeeq Latif, musulmano accusato di blasfemia. In caso di grazia da parte della Corte d’appello, l’uomo sarà comunque condannato all’ergastolo e al pagamento di una multa pari a mezzo milione di rupie (circa 5mila euro).
 
Il giudice, Suhaib Ahmad Roomi, ha spiegato ai giornalisti che la sentenza “si basa sulle leggi islamiche, nel rispetto dell’articolo 295, comma b e c, del Codice penale pakistano”. Il primo riguarda le offese al Corano, punibili con l'ergastolo, mentre il secondo stabilisce la morte o il carcere a vita per diffamazioni contro il profeta Maometto. Subito dopo il verdetto, sono apparsi sui muri di Sialkot dei poster che inneggiano alla decisione.
 
Il direttore della Commissione diocesana per il dialogo interreligioso di Faisalabad, p. Aftab James Paul, dice ad AsiaNews: “Condanniamo con forza questa sentenza. È stato provato diverse volte l’abuso di questa legge, manipolata da persone senza scrupoli per fare i propri affari, e quest’ultimo caso non è diverso”.
 
La brutale uccisione di un giovane indù avvenuta lo scorso maggio, e la sentenza di morte contro un musulmano decisa questa mattina, “sono la conferma del fatto che la legge contro la blasfemia non è un problema soltanto di una minoranza del Paese, ma di tutta la nostra società. Quindi, ne domandiamo la piena abrogazione”.
 
Secondo i dati della Commissione episcopale giustizia e pace, dalla sua introduzione (avvenuta nel 1986) ad oggi la legge sulla blasfemia ha ucciso almeno 25 persone. Il fattore più grave è che queste non sono state condannate a morte, ma sono state uccise da estremisti religiosi persino mentre erano sotto la custodia della polizia. Alcuni parlano inoltre di 892 persone messe in stato di accusa ai sensi di questa legge, ma i dati sono contestati perchè è impossibile ottenere i verdetti precedenti al 1995.