Leader khmer rosso rigetta le accuse e invoca la libertà per “mancanza di prove”
Leng Sary, sottoposto a regime di custodia cautelare in attesa di processo, sconfessa l’operato del tribunale Onu chiamato a giudicare cinque leader Khmer per “genocidio e crimini contro l’umanità”. Alla sbarra anche la moglie Leng Thirith, ex ministro del Welfare del regime di Pol Pot.

Phnom Penh (AsiaNews/Agenzie) – Leng Sary, 82enne ex ministro degli Esteri del governo di Pol Pot, ha chiesto al tribunale cambogiano di “ritirare il provvedimento di custodia cautelare” e la “piena restituzione della libertà”. Il leader Khmer rosso, accusato di crimini contro l’umanità, è uno dei cinque esponenti del regime attualmente sotto processo.

Negli anni ’70 oltre un milione e mezzo di persone sono state sterminate dalla rivoluzione maoista per fame, stenti o esecuzioni. Il tribunale speciale, patrocinato dalle Nazioni Unite e chiamato a giudicare i criminali di guerra, processerà anche la moglie di Sary, la 76enne Leng Thirith, una delle personalità di primo piano del regime e ministro del Welfare.

Leng Sary giudica “inaccettabile” l’accusa di “sostegno a un regime criminale che ha perpetrato violenze, persecuzioni politiche, esodi e omicidi di massa” e chiede che vengano “fornite le prove” a supporto dei capi d’imputazione. Nel 1996 il leader khmer aveva ottenuto il “perdono reale” dall’ex monarca Norodom Sihanouk per aver sconfessato Pol Pot e il suo operato, unendosi al governo di unità nazionale. Ma l’atto di clemenza non sembra aver valore per il tribunale chiamato a giudicare i criminali di guerra, che già in passato aveva rigettato analoghe “grazie” concesse dal vecchio re.

Dopo un periodo di crisi dovuto alla mancanza di fondi, il tribunale speciale chiamato a processare i leader khmer avvierà le prime udienze nel mese di settembre.