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Il mondo attende dal G8 un vero impegno contro il riscaldamento della Terra
di Pino Cazzaniga
A rendere difficile una conclusione efficace del vertice che si tiene il 7 e l’8 non è tanto la presentazione di proposte differenti, quanto la divisione esistente tra Cina e Stati Uniti. Fukuda presenterà dei progetti di mediazione.
Tokyo (AsiaNews) – Il 7 e 8 luglio si terrà in Giappone presso il lago Toyako (Hokkaido) l’annuale vertice del G8 (Canada, Francia, Germania, Giappone, Inghilterra, Italia, Russia, Stati Uniti). Vi partecipa anche un rappresentante dell’Unione Europea e, su invito del Giappone, i presidenti della Cina, India e Corea del sud. A dare particolare rilievo al vertice il fatto che tratterà come tema prioritario il riscaldamento del pianeta, la cui soluzione, almeno parziale, è indilazionabile.
Il Giappone come padrone di casa, con alla testa il primo ministro Yasuo Fukuda, si è preparato con cura. All’inizio di giugno ha organizzato a Aomori (nord-est) la conferenza dei ministri dell’energia dei G8, più quelli delle tre nazioni asiatiche, responsabili del 65% di emissioni di ossido di carbonio: Cina, India e Corea del sud. Su indicazione del Giappone si sono accordati di costituire l’IPEEC (International Partnership for Energy Efficiency Cooperation), un forum per promuovere la cooperazione internazionale per il miglioramento e l’uso efficiente dell’energia.
Una settimana dopo è stata la volta dei ministri delle finanze del G.8, radunatisi a Osaka per discutere i contributi finanziari da destinarsi a iniziative per risolvere il problema del cambiamento climatico. “Gli sforzi del Giappone da solo non risolveranno il problema del riscaldamento globale”, ha detto Fukuda nella conferenza stampa. “La società internazionale deve lavorare assieme su questi problemi”. Su iniziativa degli Stati Uniti e della Gran Bretagna, che hanno messo a disposizione rispettivamente due miliardi di dollari e 800 milioni di sterline, è stato deciso di costituire il Climate Investiment Funds che sarà gestito dalla Banca mondiale. Il Giappone ha subito aderito contribuendo con un miliardo e 200 milioni di dollari.
Queste iniziative diplomatiche assieme a intense ricerche di studio permettono di delineare la fisionomia del prossimo vertice G.8, che sintetizziamo in tre punti.
Primo, il riscaldamento globale (global warming), è il tema prioritario e quasi l’unico che deve essere trattato al summit. Già l’aveva indicato Angela Merkel, cancelliere della Germania, nel discorso di chiusura del vertice dell’anno scorso a Heiligendamn. Tuttavia sembra a molti che il serio problema dell’aumento dei prezzi del petrolio e dei cereali dovrebbe essere messo sul medesimo piano. Non è di questo parere l’editorialista del quotidiano Asahi. Se si toglie forza all’impegno concreto e immediato per arrestare il riscaldamento del pianeta, scrive, si arrischia di non concludere niente e di peggiorare la situazione della fame nel mondo. Già ora in Africa molti terreni agricoli tendono a diventare deserti sabbiosi.
Il secondo punto riguarda i provvedimenti da prendere per arrestare il fenomeno Il mezzo è evidente: diminuire la quantità di ossido di carbonio emesso nell’atmosfera dai combustibili. Il cosiddetto Protocollo di Kyoto formulato a cura delle Nazioni Unite nel 1997 e ratificato da 36 nazioni e dall’Unione Europea, mirava a questo scopo ma scade nel 2012. Come sostituirlo? Su questo punto i membri del G8 si presentano disuniti al summit di Toyako. Diminuire del 50% il gas serra entro il 2050, è la tesi del Giappone; L’Unione Europea, pur non scartando la proposta “2050”, ritiene di dover fissare la data al 2020 con un obiettivo più modesto. Le due tesi non sono opposte se si considera il 2020 come termine medio (medium term) di un unico processo.
Ma il vero punto dolente è il disaccordo tra Stati Uniti e Cina. I primi non hanno ratificato il Protocollo di Kyoto perché volevano e vogliono il coinvolgimento della Cina che sembra attualmente detenere il primato nell’inquinamento atmosferico. Da una ricerca dell’agenzia internazionale per l’energia (IEA) risulta che la Cina emette nell’atmosfera un livello di CO2 quattro volte superiore a quello emesso dal Giappone. Nel 2007 ha superato gli Stati Uniti. L’amministrazione di Hu Jintao sta impegnandosi per risolvere questo problema con regolamenti e controlli interni, ma rifiuta di accettare obblighi a livello internazionale.
Alle obiezioni dell’amministrazione Bush, Pechino risponde che se si prende come criterio di valutazione il numero di abitanti, l’emissione dei GNG per capita della Cina è inferiore a quella di tutti i Paesi ricchi. Tuttavia il fatto che la Cina sia presente al summit dei G8 è positivo, perchè il Giappone può mediare tra i due colossi. Fukuda, infatti, non presenterà solo la proposta del “50% entro il 2050” ma anche visioni di sostegno che hanno già ottenuto consenso internazionale. Quella che sta ottenendo maggior consenso è il cosiddetto a “approccio settoriale”: cioè l’uso efficiente e pulito dell’energia, come criterio di valutazione per le singole fabbriche o aree. In questo modo la responsabilità passa dal vertice alla base. Le esperienze tecniche non si realizzano nei ministeri.
La Cina, ora, non solo accetta ma attende il supporto tecnico e finanziario del Giappone per risolvere il problema dell’inquinamento.
Ora c’è da sperare che i leader del G8 emettano una dichiarazione congiunta forte e concreta.