Autrice di petizioni muore volando giù da un ponte a Pechino
Era stata arrestata e cacciata dalla città. La polizia parla di suicidio ma ci sono non poche perplessità. Giro di vite contro chi presenta petizioni a Pechino, 1.500 arresti. Intanto nel Sichuan la polizia maltratta i genitori che ancora chiedono giustizia per i figli morti nel crollo delle scuole.

Pechino (AsiaNews/Agenzie) – Una donna muore dopo un volo da un ponte di Pechino, nell’ambito della repressione contro gli autori di petizioni. Nell’avvicinarsi delle Olimpiadi, aumenta la repressione brutale delle proteste.

L’Information Centre for Human Rights and Democracy (Ichrd) racconta che una donna di 54 anni di Nanchang (Jiangxi) è stata arrestata il 14 luglio per avere presentato una petizione a Pechino. Il giorno dopo doveva essere rimpatriata, ma – dice il rapporto della polizia – si è uccisa gettandosi da un ponte vicino alla stazione ferroviaria.

L’Ichrd osserva che la donna aveva già presentato numerose petizioni ed era stata più volte a Pechino per simili proteste.

Nella Capitale è in atto un giro di vite contro chi protesta e dal 14 luglio oltre 1.500 presentatori di petizioni sono finiti in carcere, mentre molti altri sono stati subito rimpatriati. Eppure nei giorni scorsi la stampa statale ha diffuso l’ordine del governo alle autorità locali di “affrontare e risolvere in modo completo ogni tipo di doglianza”, dopo il clamore suscitato dalle proteste di decine di migliaia di persone nelle province di Guizhou e Zhejiang contro fatti di ritenuto malgoverno.

A Jianghua (Hunan) le autorità hanno “risolto” a modo loro le proteste dei cittadini: hanno esposto striscioni che vietano qualsiasi petizione contro il governo.

Intanto il 15 luglio oltre 200 genitori hanno protestato davanti al municipio di Mianzhu (Sichuan), chiedendo di sapere le cause del crollo della scuola media Dongqi, che ha ucciso i loro figli, durante il terremoto del 12 maggio. Hanno chiesto di incontrare il sindaco, ma gli è stato ordinato di andare subito via, per violazione della legge di pubblica sicurezza. “Poi – racconta uno di loro – la polizia ha iniziato a spingerci e trascinarci. Qualcuno ha reagito. Ho visto 8 o 9 genitori portati via sulle auto della polizia”.

Liu, carpentiere che ha perso il figlio, spiega che “quando mio figlio è entrato nella scuola nel 2006, hanno promesso di costruire nuovi edifici. E’ stato scritto nella lettera di ammissione. Ma non è stato fatto, poi c’è stato il terremoto”.

Ora molti genitori vogliono rivolgere una petizione alle autorità superiori. Magari a Pechino.