8 – 8 – 2008: un "normale" giorno di arresti in Nepal e in Cina
A Kathmandu migliaia di tibetani protestano in piazza: la polizia li carica sui furgoni “come bestiame” e ne arresta centinaia. A Pechino, in carcere un’attivista per i diritti che ha chiesto l’autorizzazione per fare proprio oggi una dimostrazione pubblica.

Kathmandu (AsiaNews/Agenzie) – Oltre mille arresti in due giorni a Kathmandu, per le proteste di ieri e oggi di migliaia di esuli tibetani, tra cui molti monaci e suore. Intanto in Cina va in galera chi chiede “l’autorizzazione a protestare”.

I dimostranti, arrivati in pullman, sono scesi in piazza a migliaia davanti all’ambasciata cinese a Kathmandu, nonostante il divieto di manifestazioni e la massiccia presenza di polizia, sventolando bandiere tibetane e gridando: “Cina ladra, lascia il nostro Paese. Fermate gli omicidi in Tibet. Fermate il genocidio culturale”. Centinaia di poliziotti li hanno caricati su furgoni (“come bestiame”, raccontano testimoni oculari) e hanno arrestato almeno 740 persone.

Ieri sono finiti in carcere almeno 513 dimostranti degli oltre 2mila radunatisi davanti a un importante tempio buddista, pregando e cantando inni. La polizia li ha anche caricati e bastonati.

Il Nepal è molto criticato dalla comunità internazionale per il sistematico arresto, in questi mesi, di pacifici dimostrati pro-Tibet (almeno 8.350 arresti fino a pochi giorni fa, secondo Human Rights Watch), violando il diritto di manifestazione. Per questo Modraj Dotel, portavoce del ministro dell’Interno, ha cercato di spiegare ai media “di considerare i lunghi rapporti di amicizia con la Cina”.

Intanto a Pechino rimane in carcere Zhang Wei, arrestata due giorni fa per “turbamento dell’ordine pubblico”. Secondo i familiari (la polizia non rilascia commenti) Zhang, la cui casa è stata demolita due anni fa nell’ambito della distruzione dello storico distretto Qianmen a Pechino (spazzato via per costruire edifici moderni e di lusso), alcuni giorni fa ha chiesto di tenere proprio oggi, in uno dei tre parchi della capitale a ciò designati, una manifestazione sulla repressione del governo contro il dissenso. Il permesso è stato negato.

Pechino ha detto che proteste e manifestazioni pubbliche sono consentite, durante i Giochi, solo in questi tre parchi, previa autorizzazione. Ma i responsabili dei parchi dicono che, fino a ieri, non risulta approvata alcuna dimostrazione.