Kirkuk, leader cristiani e musulmani pregano per la pace nel Paese
Nel Kurdistan iracheno leader cristiani, sunniti, sciiti e kurdi hanno pregato insieme nella mosche sunnita di al Rashid per chiedere “la fine delle violenze”. Segnali di speranza che testimoniano la volontà comune di ricostruire il Paese, nonostante continuino attentati e omicidi mirati.

Kirkuk (AsiaNews) – Kamikaze, auto-bombe che seminano morte e distruzione, uccisione mirate contro esponenti governativi. In questi ultimi due giorni in diverse zone del Paese si sono registrati attacchi contro la popolazione civile e i leader politici, ma dall’Iraq arrivano anche segnali di speranza, persone che non vogliono cedere alla logica della violenza dei terroristi.

Oggi a mezzogiorno nella moschea sunnita al-Rashid a Domez (v. foto), nel Kurdistan iracheno, più di 250 capi religiosi sunniti, sciiti, kurdi e turkmeni, assieme a una delegazione del clero cristiano di dieci persone guidate dall’arcivescovo di Kirkuk, mons. Louis Sako, hanno tenuto una preghiera comune “per promuovere la pace” e “porre fine alle violenze” nel Paese.

L’iniziativa è partita dall’imam Ali Iman, guida religiosa della comunità musulmana sunnita locale, che ha chiamato a raccolta i vertici delle diverse fedi ed etnie della regione per “pregare per la pace e la stabilità” di Kirkuk e di tutto l’Iraq. Durante la cerimonia i capi spirituali delle varie comunità hanno pregato per le vittime degli attentati del mese scorso; un segnale forte che sta a ribadire il desiderio comune di lavorare “per il bene” del Paese e “isolare le cellule terroristiche che vogliono solo seminare morte e distruzione”.

Oltre alle preghiere, ciascun leader ha tenuto un discorso ai presenti sottolineando il significato dell’iniziativa odierna e la volontà comune di collaborare per garantire stabilità e sicurezza. Il primo a parlare, su invito dell’imam, è stato proprio l’arcivescovo caldeo mons. Louis Sako, il quale ha voluto esordire citando il salmo 133 della Bibbia nel quale si ricorda “come è bello e giocondo che dei fratelli si incontrino” e stiano “assieme”. Un passo che ribadisce l’importanza dello sforzo comune all’insegna della pace, pur senza dimenticare le differenze che ogni comunità di fedeli e ogni etnia porta con sé: una differenza che, al contrario, può essere fonte preziosa di sviluppo e di crescita. Mons. Sako ha inoltre ribadito che “se si vuole vivere in pace e in libertà”, bisogna essere in grado di “lasciarsi alle spalle il passato”, chiudere le “pagine tristi” che hanno insanguinato la storia recente dell’Iraq e “aprire tutti insieme un nuovo capitolo” che porti prosperità. “Basta con la violenza, la morte, la distruzione – ha aggiunto l’arcivescovo di Kirkuk – perché Dio ci ha creato per vivere assieme nella gioia e nella pace”. Il prelato ha inoltre riportato l'esempio di San Francesco d'Assisi, un vero "strumento della pace" che ha sempre promosso "il dialogo" e sconfessato la logica "dei conflitti". Al termine del suo intervento hanno preso la parola anche il rappresentante del leader sciita Muqtada al Sadr, l’imam sunnita della moschea di al-Rashid, un leader kurdo e un esponente della comunità araba. Dai leader politici è anche giunto "l'apprezzamento per il lavoro svolto dall'arcidiocesi" a favore della pace a Kirkuk. A conclusione dell'incontro di preghiera tutti i leader hanno partecipato a un pranzo all'insegna della "fraternità" e della "concordia".

Questi segnali di speranza  contrastano però con le notizie che arrivano da altre zone del Paese: questa mattina un gruppo di guerriglieri ha assassinato il governatore della provincia di Diyala, Raad Rasheed Mulla Jawad. Nell’attacco è deceduto anche il segretario del governatore. Nel pomeriggio a Ramadi, nell'ovest dell'Iraq, un'autobomba ha ucciso quattro agenti e un civile. Ieri, sempre a Ramadi, un kamikaze si è fatto saltare in aria nei pressi di un check-point della polizia uccidendo cinque agenti della sicurezza. Secondo fonti della polizia vi sono anche sei agenti e quattro civili feriti in modo grave. L’attacco è avvenuto all’indomani della strage che domenica mattina, nella zona sunnita di Baghdad, ha causato la morte di altre 15 persone. Anche in questo caso si tratterebbe di un attentatore suicida che si è fatto esplodere vicino a un posto di blocco delle forze dell’ordine.