Mindanao nel caos: 220mila sfollati e il timore di una guerra civile
di Santosh Digal
Il mancato accordo fra Milf e governo ha acuito le tensioni nella provincia meridionale. Secondo un’agenzia Onu sono centinaia di migliaia gli sfollati, ma il pericolo è che divampi un altro sanguinoso conflitto. L’aiuto della Chiesa cattolica alla popolazione civile.

Manila (AsiaNews) – Sono più di 220mila gli sfollati che nelle ultime settimane hanno dovuto abbandonare le loro case nel Mindanao, nel sud delle Filippine, a causa del conflitto fra l’esercito governativo e i ribelli del fronte islamico Moro (Milf). Lo rivela l’agenzia Onu World Food Program (Wfp), annunciando di avere stanziato oltre 900 tonnellate di derrate alimentari per aiutare quanti non hanno più né cibo né alloggio.

Secondo il Wfp gli ultimi interventi interessano le province di Maguindanao e Shariff Kabunsan: a oltre 10mila famiglie (per un totale di 60mila persone circa) nel mese prossimo verranno distribuite 250 tonnellate di riso per garantire loro un pasto giornaliero, con un investimento pari a 207mila dollari Usa. “A causa del crescente senso di insicurezza che si respira nella regione – si legge in una nota pubblicata dall’agenzia delle Nazioni Unite – sempre più famiglie abbandonano le loro abitazioni”. Auspicando il raggiungimento di un accordo fra Milf e governo, il documento Onu illustra inoltre gli aiuti umanitari messi in campo a partire dall’11 agosto scorso – oltre 650 tonnellate di riso per più di 160mila persone – nelle province di Lanao del Sur, Lanao del Norte e North Cotabato.

“Auspichiamo pace e stabilità nella zona – sottolinea Stephen Anderson, direttore del Wfp per le Filippine – perché la crisi umanitaria assume proporzioni sempre più gravi. Il Wfp cerca di far fronte ai bisogni immediati, ma speriamo che presto la situazione possa migliorare”.

Anche la Chiesa cattolica del Paese si è attivata per aiutare i bisognosi: i gesuiti hanno avviato una raccolta fondi da devolvere alle vittime dei conflitti nel Mindanao, ma chiedono al contempo che ripartano i colloqui di pace e venga sottoscritto il memorandum of agreement (Moa). “I civili sono il bersaglio principale delle violenze, senza distinzioni fra cristiani, musulmani e gli indigeni dell’etnia Lumads”, denuncia Jose III V. Chan-Gonzaga, direttore esecutivo del Jesuit Social Service filippino.

L’arcidiocesi di Cagayan de Oro, in collaborazione con le diocesi di Iligan e Marawi invita a fornire aiuti umanitari per le città della provincia di Lanao, teatro nelle ultime settimane di attacchi alla popolazione e incendi alle abitazioni. I fondi raccolti saranno devoluti all’arcidiocesi di Cagayan de Oro, che attraverso l’opera dell’arcivescovo Antonio Ledesma e della locale Università di San Francesco Saverio ne cureranno la distribuzione.

Nel Paese cresce il clima di sfiducia e di pregiudizio verso i militanti del Milf, giudicati “inaffidabili” e "incapaci di raggiungere un accordo di pace" che ponga fine alle violenze; i ribelli hanno riaperto “vecchie ferite all’interno della comunità cristiana”, la più colpita dalla “logica di guerra e massacri” promossa dai ribelli islamici. Il pericolo è la ripresa di un “nuovo conflitto fra cristiani e musulmani”, sottolinea p. Armando Picardal, del seminario maggiore redentorista Sant’Alfonso a Davao. “Sono state commesse incredibili atrocità – denuncia il religioso – nella sola Iligan, la mia città natale, vi sono stati due attacchi bomba e fra i cittadini si respira un’atmosfera crescente di panico. La sensazione è che presto l’area verrà attaccata dai ribelli islamici”.