Israele libera 199 prigionieri palestinesi
Il loro rilascio cominciato questa mattina, contemporaneamente all’arrivo a Gerusalemme del segretario di Stato Usa, Condoleezza Rice. Per la prima volta tra coloro che hanno lasciato la prigione ci sono due uomini condannati per l’uccisione di israeliani. Una scelta che ha provocato contrasti nel governo.
Ramallah (AsiaNews/Agenzie) – Bandiere e cori, discorsi e canti hanno accolto questa mattina al checkpoint di Beituniya, vicino Ramallah, i primi arrivi dei 199 prigionieri che Israele sta rilasciando. “Sarà una festa di matrimonio nazionale”, aveva annunciato il ministro palestinese per i prigionieri, Ashraf al-Ajrami. E così sta accadendo.
 
Il rilascio dei prigionieri, tra i quali, per la prima volta, due condannati per l’assassinio di israeliani, è stato motivato dal governo Olmert con la volontà di dare una mano al presidente palestinese Mahmoud Abbas nel suo confronto con Hamas. Yuval Diskin capo dello Shin Bet, il servizio di sicurezza israeliano, la settimana scorsa aveva espressamente detto che il rilascio “crea pressione su Hamas ed è capace di accelerare il negoziato su Gilad Shalit”, il militare israeliano da tre anni in mano al gruppo fondamentalista.
 
L’inizio della liberazione dei prigionieri, al tempo stesso appare anche come un gesto nei confronti degli Stati Uniti, che ultimamente hanno avuto spunti critici nei confronti dell’amministrazione israeliana per la mancanza di concreti progressi nel processo di pace. Ed oggi lo Stato ebraico accoglie il segretario di Stato Condoleezza Rice.
 
Malgrado tutto ciò, il rilascio dei prigionieri palestinesi ha avuto un iter travagliato. Ci sono volute tre votazioni e sembrano aver pesato questioni di politica interna, legate alla scelta del successore del premier Ehud Olmert, che ha annunciato le dimissioni. Uno dei principali candidati, l’attuale ministro ai trasporti, Shaul Mofaz, ha sempre votato contro.
 
Tra i prigionieri rilasciati ci sono Said al-Attaba, il palestinese da più tempo nelle carceri israeliane, dove era rinchiuso dal 1977 per l’uccisione di una donna israeliana e Mohammed Ibrahim Abu Ali, imprigionato nel 1979 per l’uccisione di un riservista dell’esercito. Proprio il loro rilascio è stato al cento delle polemiche più aspre: lo Stato ebraico si era sempre rifiutato di liberare persone “con le mani macchiate di sangue”.
 
Tra i liberati, però, non c’è Marwan Barghouti, il più noto dei leader di Fatah, il nome del quale era stato fatto personalmente da Abbas. Barghouti è il più popolare degli esponenti di Fatah, ritenuto da molti il potenziale successore dello stesso Abbas. Già capo dell’ala militare del movimento, Barghouti è nelle prigioni israeliane con una condanna a vita, in quanto ritenuto responsabile di vari attentati e attacchi.