Nepal, il dramma silenzioso di oltre 1200 “desaparecidos”
di Kalpit Parajuli
Il 30 agosto scorso, in occasione della Giornata mondiale degli scomparsi, familiari e parenti hanno organizzato manifestazioni e cortei di protesta per le strade della capitale. Da tempo si aspetta la creazione di una commissione che indaghi sulla loro sorte, osteggiata dal governo e soprattutto dai maoisti.

Kathmandu (AsiaNews) – Oggi i maoisti sono al potere in Nepal, l’ex leader della guerriglia Prachanda è stato eletto Primo Ministro e il Paese ha modificato l’assetto costituzionale abbandonando la monarchia e abbracciando la repubblica. Ciò che non è cambiato è la sorte di oltre 1200 persone, ancora oggi ufficialmente “scomparse” e di cui i familiari non hanno più notizia da anni.

In occasione della Giornata mondiale degli scomparsi, in programma il 30 agosto scorso, la Commissione per i diritti umani nepalese ha rivolto un nuovo appello al governo e ai maoisti – che finora hanno fatto “orecchie da mercante” – perché diano notizie certe in merito alla sorte delle persone scomparse e creino una commissione che faccia chiarezza sui responsabili. La creazione di tale commissione, oltretutto, rientrava nel piano sottoscritto due anni fa dal governo e dai maoisti al momento della firma degli accordi di pace, che ponevano fine a una sanguinosa guerra divampata nel 1996.

Secondo la commissione per i diritti umani, lo Stato sarebbe colpevole della “sparizione di 671 persone”, mentre i maoisti non hanno ancora fatto luce sulla sorte di 299 persone sequestrate durante gli anni della guerriglia. Al contempo i funzionari della Croce rossa internazionale hanno diffuso i nomi di oltre 1200 persone, dei quali i familiari hanno denunciato la scomparsa nel decennio 1996/2006.

Fra le manifestazioni indette per la Giornata mondiale degli scomparsi, una ha riunito migliaia di parenti all’esterno degli uffici della Commissione nazionale per i diritti umani nepalese. AsiaNews ha raccolto le storie di due persone, che ancora oggi non hanno notizie dei loro cari. “Tre anni fa i maoisti fa hanno rapito mia figlia, appena quindicenne – racconta Sindhu Rokaya, 65 anni – e da allora non ho più avuto sue notizie. Non so neanche se sia viva o morta”. Gli fa eco Hemraj Dangi, anch’egli provenienti dall’ovest del Paese, il quale denuncia il sequestro del figlio “mentre tornava da scuola. Se avesse avuto un’arma fra le mani avrei potuto capire la sua cattura, ma era un semplice studente che faceva ritorno a casa dopo una giornata trascorsa tra i libri”.