Kathmandu (AsiaNews) – Serpeggia il panico fra le centinaia di tibetani che vivono in Nepal, ma non godono dello “status di rifugiati” assegnato dal governo (Refugee Certificates, Rc). Il Ministro nepalese degli interni ha infatti disposto un provvedimento in base al quale gli immigrati clandestini saranno sottoposti ad accurati “controlli” da parte delle forze di polizia e non si escludono possibili provvedimenti di espulsione.
Il giro di vite potrebbe interessare più del 30% dei 20mila rifugiati tibetani in Nepal, ospitati in quattro diversi centri di accoglienza a Pokhara, perché entrati in maniera clandestina nel Paese o non hanno mai ottenuto il Refugee Certificates. Esso è stato assegnato a tutti i rifugiati tibetani il cui ingresso è avvenuto prima del 1989, ma secondo alcune fonti sarebbe stato rilasciato sino al 1995.
Il provvedimento voluto dal Ministro degli interni Bamdev Gautam sembra confermare la sempre maggiore influenza della Cina sul piccolo stato himalayano, il cui governo è sottoposto a continue pressioni volte a sradicare i “movimenti di protesta anti-cinese” sul suo territorio e a impedire una “protezione” ai profughi tibetani che hanno trovato “accoglienza” nella capitale nepalese.
Ieri l’ufficio per l’immigrazione ha mandato 106 manifestanti pro-Tibet nella sede dell’Alto commissariato Onu per i rifugiati (Unhrc) al fine di verificare la loro effettiva condizione di profughi; i tibetani erano rimasti in silenzio davanti agli ufficiali di polizia nepalese che li interrogavano e non hanno voluto spiegare se godono o meno dello status di “rifugiati”.
Secondo fonti dell’intelligence essi provengono da Dharamsala, sede del governo tibetani in esilio, e hanno partecipato in maniera attiva alle dimostrazioni davanti all’ambasciata cinese a Kathmandu. Proteste che hanno toccato l’apice nei giorni che hanno preceduto l’inaugurazione delle Olimpiadi a Pechino: il governo nepalese ha dovuto dislocare oltre 400 fra agenti e forze di sicurezza per contenere le dimostrazioni.
Fonti di AsiaNews in Nepal parlano inoltre di provvedimenti ancora più restrittivi nei confronti dei rifugiati tibetani, anche se non sono stati illustrati nel dettaglio; dall’ufficio del Ministro degli interni giunge invece la notizia secondo cui le proteste dei profughi tibetani sarebbero fomentate da Ong europee e americane. Anche in questo caso la fonte governativa non fa i nomi delle organizzazioni finite nel mirino del governo, ma avverte che eventi simili non verranno più tollerati in futuro.