Card. Bagnasco: gli avvenimenti indiani ripropongono l’esigenza di tutelare la libertà religiosa
Quanto sta accadendo in India e gli episodi di persecuzione anticristiana in Pakistan e Iraq evidenziano come la libertà religiosa sia il caposaldo della civiltà dei diritti dell’uomo e la garanzia di autentico pluralismo e vera democrazia
Roma (AsiaNews) – I dolorosi avvenimenti di persecuzione avvenuti recentemente in India, Pakistan e Iraq propongono all’attenzione del mondo politico e culturale la nuova “cristianofobia” e, per via di essa, il problema di una concreta difesa della libertà religiosa. Sugli ingiusti attacchi che tanti cristiani stanno soffrendo nel mondo, si è soffermato il presidente della Conferenza episcopale italiana, cardinale Angelo Bagnasco, aprendo oggi a Roma la sessione autunnale del Cosiglio permanente dei vescovi italiani.
 
Nel suo intervento, il porporato ha rievocato come i pogrom indiani siano partiti il 23 agosto nel distretto di Kandhamal, nello Stato dell’Orissa, con “l’addebito pretestuoso ai cristiani del luogo circa alcuni esecrabili fatti di sangue tuttora non chiariti, e che hanno avuto altre rivendicazioni (poi smentite). Ma questo è bastato per far partire una sanguinosa campagna di intimidazione che ha provocato decine di morti, per non parlare dei ferimenti e degli stupri, degli assalti alle chiese (compresa la cattedrale di Jabalpur), ai conventi, agli orfanotrofi e alle scuole, con la messa in fuga di decine di migliaia di persone che si sono salvate rifugiandosi nei centri di raccolta o nelle foreste. Tutto in realtà si è scatenato – ormai è chiaro – a motivo dell’opera di promozione che in quelle regioni i cristiani compiono a favore degli ultimi nella scala sociale, un’iniziativa ritenuta destabilizzante per un certo assetto sociale e di potere”.
  
“Uno scenario – verrebbe da dire − di altri tempi, affacciatosi in un Paese retto da una democrazia parlamentare e che coltiva grandi ambizioni sullo scacchiere internazionale. Viene da chiedersi come si possa impedire che dei connazionali siano soccorsi nella loro indigenza solo per la paura che si sviluppi una simpatia erroneamente scambiata con la maschera del proselitismo. Eppure, per settimane gli atti di violenza si sono susseguiti nel dispregio delle leggi, nell’impunità dei colpevoli, nella disinformazione della stampa nazionale, nell’imbarazzo dei politici locali e nel quasi silenzio della comunità internazionale. Qualcosa – ha proseguito il cardinale - appena ora comincia a muoversi, ma con evidente sproporzione rispetto ai gravissimi fatti. Solo la voce del Papa, già a partire da mercoledì 27 agosto, è echeggiata puntuale e nitida, e ad essa la Presidenza della Cei ha ritenuto di doversi unire indicendo per venerdì 5 settembre, memoria liturgica della beata Maria Teresa di Calcutta, una giornata di preghiera e di penitenza, in solidarietà con un’analoga iniziativa voluta dai confratelli vescovi dell’India”.
 
“Negli stessi giorni delle violenze in India – ha ricordato poi il presidente dell’episcopato italiano - e mentre intolleranze ed emarginazioni ai danni dei cristiani venivano denunciate nel vicino Pakistan, è tornato alla ribalta il calvario cui da troppo tempo ormai è sottoposto il cristianesimo dell’Iraq, dove altri due caldei sono stati assassinati, ultimi anelli di una catena di sangue in corso da oltre quattro anni e che aveva visto nel marzo scorso la morte dello stesso Arcivescovo di Mosul, nel quadro di una vera e propria “pulizia religiosa” che sta portando alla decimazione di una comunità che cinque anni fa contava un milione di fedeli, ed è oggi ridotta a circa la metà, dopo la fuga nei Paesi vicini”.
 
Gli eventi ricordati hanno spinto il card. Bagnasco ad affermare l’esigenza che “dalla classe politica come da parte degli intellettuali e dell’opinione pubblica, venisse rivolta una nuova, vigorosa attenzione al tema della libertà religiosa quale caposaldo della civiltà dei diritti dell’uomo e come garanzia di autentico pluralismo e vera democrazia. Forse che, alla luce anche degli eventi più recenti, non ha ragione Alexis de Tocqueville ad asserire “che il dispotismo non ha bisogno della religione, la libertà e la democrazia sì” (in La democrazia in America, I,9)? La libertà religiosa infatti non è un optional più o meno gentile che gli Stati concedono ai cittadini più insistenti, né una concessione paternalisticamente riconducibile al principio della tolleranza. È piuttosto il caposaldo delle libertà ed il criterio ultimo di salvaguardia delle stesse, in quanto iscritto nello statuto trascendente della persona e nella indisponibilità di questa rispetto a qualsiasi regime e a qualsiasi dottrina. Vorremmo con ciò unirci all’accorato appello recentemente lanciato dall’arcivescovo Mamberti (segretario vaticano per i rapporti con gli Stati, n.d.r.) quando, evidenziando il fenomeno della “cosiddetta cristianofobia”, ha inteso in “spirito costruttivo” rilevare come vi siano rischi che prendono piede vicino a noi, ossia nella nostra stessa Europa, citando “il distacco della religione dalla ragione, che relega la prima esclusivamente nel mondo dei sentimenti, e la separazione della religione dalla vita pubblica” (Protezione e diritto di libertà religiosa, Intervento al Meeting di Rimini, 29 agosto 2008). Vi è infatti una derivazione concettuale tra la disinvolta pratica del relativismo, gli eccessi antireligiosi e anticristiani e la regressione culturale ed etica delle società”.