Card. Delly: la situazione in Iraq è disastrosa, tragica, e peggiora sempre
Il capo della Chiesa caldea, intervenendo al Sinodo dei vescovi ha descritto un Paese nel quale “la vita è un calvario”, “tutti temono il rapimento” e cresce i numero di morti causati da autobomba e kamikaze. Il ricordo di mons. Raho e padre Ganni.

Città del Vaticano (AsiaNews) – La drammatica situazione dei cristiani in Iraq è echeggiata oggi nell’aula del Sinodo dei vescovi, in Vaticano, descritta con toni fortemente drammatici dal card.  Emmanuel III Delly, patriarca di Babilonia dei Caldei, capo del Sinodo della Chiesa caldea. E’ una situazione che ha fatto avanzare da ambienti politici iracheni e non l’ipotesi di creare una sorta di enclave cristiana nelle provincia di Niniveh, ma che trova scarso sostegno tra i vescovi ed il clero del Paese dei due fiumi - il porporato non ne ha fatto cenno - in quanto contraria al concetto evangelico della missione della Chiesa. ”La situazione in alcune parti dell'Iraq – ha detto il card. Delly - è disastrosa e tragica. La vita è un calvario: mancano la pace e la sicurezza, così come mancano nella vita di ogni giorno gli elementi basilari. Continuano a mancare l'elettricità, l'acqua, la benzina, la comunicazione telefonica è sempre più difficile, intere strade sono bloccate, le scuole chiuse o sempre in pericolo, gli ospedali sono a organico ridotto, la gente teme per la propria incolumità. Tutti temono il rapimento, i sequestri e le intimidazioni. Che dire poi di tutti quei rapimenti ingiustificabili che quotidianamente si susseguono, danneggiando intere famiglie e privandole spesso dei loro cari, pur avendo sborsato decine di migliaia di dollari per una liberazione mai avvenuta? Per non parlare del numero sempre più crescente di morti causati dalle autobombe e dai kamikaze che indossano cinture esplosive”.

 ”Vivere la parola di Dio – ha proseguito - significa per noi testimoniarla anche a costo della propria vita, com'è accaduto e accade finora con il sacrificio di vescovi, sacerdoti e fedeli. Essi continuarono a essere in Iraq forti nella fede ed amore di Cristo grazie al fuoco della parola di Dio. Per questo, vi supplico di pregare per noi e con noi il Signore Gesù, Verbo di Dio, e condividere la nostra preoccupazione, le nostre speranze e il dolore delle nostre ferite, affinché la Parola di Dio fatta carne rimanga nella sua Chiesa e insieme a noi come buon annunzio e come sostegno. 16 dei nostri sacerdoti e due vescovi sono stati rapiti e rilasciati dopo un riscatto molto elevato. Alcuni di loro appartengono alla schiera dei nuovi martiri che oggi pregano per noi dal Cielo: l'arcivescovo di Mosul, Faraj Rahho, padre Raghid Ganni, altri due sacerdoti e altri sei giovani”.