Papa: fede e ragione per dare alla scienza i principi etici che essa non è in grado di elaborare
A dieci anni dalla Fides et ratio di Giovanni Paolo II, Benedetto XVI riafferma il valore della collaborazione tra scienza, ragione e fede, perché la ricerca “rimanga nel solco delsuo servizio all’uomo”
Città del Vaticano (AsiaNews) – La scienza “non è in grado di elaborare principi etici”, che teologia e filosofia possono offrirle non per limitarla, ma per “mantenere vigile il senso di responsabilità che la ragione e la fede possiedono”, “perché permanga nel solco del suo servizio all'uomo” e si eviti che “proceda da sola in un sentiero tortuoso, colmo di imprevisti e non privo di rischi”. Lo scriveva dieci anni fa Giovanni Paolo II nell’enciclica “Fides et ratio” (la fede e la ragione) e lo ha riaffermato oggi Benedetto XVI nel discorso che ha rivolto ai partecipanti al Congresso internazionale promosso dalla Pontificia università lateranense nell’anniversario di un documento che “si caratterizza per la sua grande apertura nei confronti della ragione, soprattutto in un periodo in cui ne viene teorizzata la debolezza”.
 
Nell’enciclica, ha osservato, Giovanni Paolo II sottolinea l’importanza di “coniugare fede e ragione nella loro reciproca relazione, pur nel rispetto della sfera di autonomia propria di ciascuna”. Con ciò la Chiesa “ha voluto difendere la forza della ragione e la sua capacità di raggiungere la verità, presentando ancora una volta la fede come una peculiare forma di conoscenza, grazie alla quale ci si apre alla verità della Rivelazione (cfr Fides et ratio, 13)”.
 
Uno sguardo alla storia, peraltro evidenzia “quali traguardi la ragione, mossa dalla passione per la verità, abbia saputo raggiungere. Chi potrebbe negare il contributo che i grandi sistemi filosofici hanno recato allo sviluppo dell’autoconsapevolezza dell’uomo e al progresso delle varie culture?”. Recentemente, però. “si è verificato uno slittamento da un pensiero prevalentemente speculativo a uno maggiormente sperimentale. La ricerca si è volta soprattutto all’osservazione della natura nel tentativo di scoprirne i segreti. Il desiderio di conoscere la natura si è poi trasformato nella volontà di riprodurla”. Ciò non è stato senza conseguenze: “”la conquista scientifica e tecnologica, con cui la fides è sempre più provocata a confrontarsi, ha modificato l'antico concetto di ratio; in qualche modo, ha emarginato la ragione che ricercava la verità ultima delle cose per fare spazio ad una ragione paga di scoprire la verità contingente delle leggi della natura”.
 
Non sempre però la ricerca è finalizzata al bene dell’uomo: “il facile guadagno o, peggio ancora, l'arroganza di sostituirsi al Creatore svolgono, a volte, un ruolo determinante. E’ questa una forma di hybris della ragione, che può assumere caratteristiche pericolose per la stessa umanità. La scienza, d'altronde, non è in grado di elaborare principi etici; essa può solo accoglierli in sé e riconoscerli come necessari per debellare le sue eventuali patologie. La filosofia e la teologia diventano, in questo contesto, degli aiuti indispensabili con cui occorre confrontarsi per evitare che la scienza proceda da sola in un sentiero tortuoso, colmo di imprevisti e non privo di rischi. Ciò non significa affatto limitare la ricerca scientifica o impedire alla tecnica di produrre strumenti di sviluppo; consiste, piuttosto, nel mantenere vigile il senso di responsabilità che la ragione e la fede possiedono nei confronti della scienza, perché permanga nel solco del suo servizio all'uomo”.
 
“La ragione, peraltro, sente e scopre che, oltre a ciò che ha già raggiunto e conquistato, esiste una verità che non potrà mai scoprire partendo da se stessa, ma solo ricevere come dono gratuito. La verità della Rivelazione non si sovrappone a quella raggiunta dalla ragione; purifica piuttosto la ragione e la innalza, permettendole così di dilatare i propri spazi per inserirsi in un campo di ricerca insondabile come il mistero stesso. La verità rivelata, nella "pienezza dei tempi" (Gal 4,4), ha assunto il volto di una persona, Gesù di Nazareth, che porta la risposta ultima e definitiva alla domanda di senso di ogni uomo. La verità di Cristo, in quanto tocca ogni persona in cerca di gioia, di felicità e di senso, supera di gran lunga ogni altra verità che la ragione può trovare. E' intorno al mistero, pertanto, che la fides e la ratio trovano la possibilità reale di un percorso comune”.