Vescovi filippini condannano la corruzione endemica del Paese
di Santosh Digal
Secondo il presidente della Conferenza episcopale essa rappresenta un “cancro morale” che va eliminato attraverso “riforme radicali”. Il prelato chiede nuove politiche “sociali, politiche ed economiche” per affrontare la crisi generale dei mercati.

Manila (AsiaNews) – La corruzione è diventata un “cancro morale e sociale” che va sradicato attraverso “riforme radicali” in diversi ambiti governativi. Lo afferma la Conferenza episcopale filippina (Cbcp), secondo la quale bisogna dar vita a politiche che rispondano a criteri di “integrità” e di “sostegno ai poveri”.

Durante una conferenza stampa tenuta oggi mons. Angel N. Lagdameo, arcivescovo di Jaro e presidente della Cpcp, ha ricordato la “crisi dei mercati globali” e lo “stato di salute precario” dell’economia nazionale, sottolineando che “è giunto il tempo di ricostruire il nostro Paese a livello economico, sociale e politico”. “La corruzione – continua mons. Lagdameo – è la causa principale della povertà e della fame nelle Filippine. Essa ha invaso tutte le istituzioni pubbliche e private e non rappresenta solo un problema economico e sociale, ma anche morale”.

Il documento firmato dal presidente dei vescovi filippini è stato sottoscritto anche da altri quattro vescovi: mons. Oscar Cruz, vescovo di Lingayen-Dagupan, mons. Joel Baylon, vescovo di Masbate, mons. Socrates Villegas, vescovo di Balanga e mons. Jose Sorra, vescovo emerito di Legazpi.

Mons. Lagdameo ha inoltre invitato i cittadini a lavorare per la “formazione di un nuovo governo” che ripudi quel “cancro morale e sociale” rappresentato dalla “corruzione”, un fenomeno “in continua crescita” nonostante la “ferma condanna espressa dalla Chiesa cattolica”.

Mons. Oscar Cruz ha aggiunto che il livello di corruzione toccato con il governo del presidente Arroyo non può essere affrontato solo con i criteri “della giustizia umana”, perché rappresenta un “crimine che grida vendetta al cospetto di Dio” e “va punito come merita”.