Barack Obama, la nuova minaccia per il governo iraniano
Il regime di Teheran punta il dito contro il Partito democratico, colpevole di aver promosso a suo tempo le sanzioni commerciali. Una parte della critica celebra la vittoria di Obama come il fallimento di Bush in politica estera; voci contrarie sottolineano che ne uscirĂ  indebolito anche il regime iraniano, che ha perso il nemico americano.

Teheran (AsiaNews/Agenzie) – Barack Obama e la sua politica estera rappresentano una minaccia per l’Iran. Diversa da quella del presidente Bush, la cui fallimentare politica estera è testimoniata dalla netta sconfitta del Partito repubblicano alle urne, ma resta pur sempre un pericolo; egli potrebbe, almeno in linea teorica, interrompere i rapporti bilaterali fra la repubblica islamica e Paesi con i quali sono in atto scambi economico-commerciali fra cui India, Cina, Turchia, Malaysia e Russia grazie a una visione della politica estera improntata alla mediazione e al dialogo. È quanto emerge dai primi commenti di leader politici e analisti iraniani, all’indomani della vittoria di Barack Obama alle urne.

“C’è la sensazione diffusa – sottolinea Abdolfaz Amouei, professore filo-conservatore di scienze politiche all’università Sadeq di Teheran – che Obama possa essere un pericolo come Bush, ma in un modo diverso. In Iran i Democratici non godono di buona fama, Sono loro che hanno dato il via alle sanzioni sotto la presidenza Clinton”.

Dal fronte governativo giungono commenti molto cauti sull’esito del voto e si sottolinea il rifiuto del popolo americano della linea adottata dall’amministrazione Bush. “Il popolo americano deve cambiare le proprie strategie – afferma Gholam Ali Hadded Adel, consigliere fidato dell’ayatollah Ali Khamenei – per potersi districare dal pantano nel quale li ha infilati il presidente Bush”. “Il prossimo capo di Stato americano dovrà abbandonare la strada avviata da Bush”, riferisce il consigliere in una intervista all’agenzia ufficiale Irna.

L’Iran resta una delle questioni più spinosa che Obama dovrà affrontare in politica estera e sorgono già i primi dubbi su come egli potrà avviare “trattative incondizionate” con il regime islamico – come annunciato in campagna elettorale – e allo stesso tempo garantire collaborazione e difesa dello Stato di Israele. Per il fronte di opposizione interno, invece, la vittoria del senatore dell’Illinois rappresenta l’occasione per indebolire il potere di Ahmadinejad e favorire l’ascesa al potere di un governo più pragmatico, disposto a scendere a patti sul programma nucleare.

“I radicali ne usciranno indeboliti – dice Saeed Leylaz, analista e direttore di un quotidiano spesso critico nei confronti del presidente iraniano e del suo governo – perché hanno perso la controparte negli Stati Uniti. Adesso non potranno più dire che si sentono sotto pressione perché minacciati dagli Stati Uniti”.

Mercoledì 5 novembre il governo iraniano ha lanciato un nuovo avvertimento agli Usa, nel quale si ribadisce che non verranno tollerate violazioni dello spazio aereo iraniano dalle forze armate americane.