A sei mesi dal terremoto del Sichuan: villaggi di tende contro l’inverno gelido
Pechino continua ad annunciare una ricostruzione grandiosa, ma i profughi ancora vivono in ripari temporanei, con scarsi mezzi e isolati da tutti. Oggi un forte terremoto ha colpito il Qinghai, senza fare vittime.

Pechino (AsiaNews/Agenzie) – Pechino annuncia che spenderà oltre 1.000 miliardi di yuan (100 miliardi di euro) in 3 anni per ricostruire le zone distrutte dal terremoto del 12 maggio in Sichuan, Gansu e Shaanxi. Ma i profughi affrontano l’inverno ancora in ripari di fortuna e con scarsi aiuti. Intanto un forte terremoto di grado 6,5 ha colpito stamattina l’occidentale provincia di Qinghai, ma la tv di Stato non riporta vittime.

La forte scossa ha colpito soprattutto il centro minerario di Golmud e la capitale regionale Xining, sono state chiuse diverse miniere, ma non c’è notizia di grandi danni. Nella zona di Da Quidam, vicino all’epicentro a 161 chilometri a nord di Golmud, sono crollate case di fango e le scuole sono state chiuse.

Intanto Pechino ha reso noti progetti grandiosi per la ricostruzione del terremoto del 12 maggio, per realizzare “le scuole più solide e sicure, ospedali e altre strutture pubbliche”, servizi, centri commerciali, un nuovo sistema agricolo e ambientale, secondo la statale Xinhua. Finora, secondo i dati ufficiali, Pechino ha sborsato “solo” 7,37 miliardi di euro per aiuti e ricostruzione. Le donazioni dal Paese ed estere sono state di oltre 6,75 miliardi.

Invece nel Sichuan centinaia di migliaia di persone ancora vivono in tende, flagellate dalla pioggia gelida di un inverno precoce. Il terremoto ha ucciso oltre 88mila persone e distrutto interi centri abitati, danneggiato circa 50mila villaggi, causato 5 milioni di senzatetto e 1,5 milioni di persone hanno perso il lavoro.

Ma “il governo – racconta Wang Yucai del villaggio di Wachang, vicino al lago Tangjiashan – ha chiesto a ognuno di noi di tornare, con l’impegno di aiutarci a ricostruire case e vite”.

A giugno e luglio a oltre 9mila residenti della contea di Beichuan il governo ha chiesto di tornare e ricostruire le loro case. Sono tornate intere famiglie, con bambini e anziani. Ma si sono trovate isolate, con la ferrovia lontana oltre 30 chilometri, nel centro di Duba, a duemila metri, ora bloccato per gli smottamenti di settembre. Anche la sola strada ancora esistente è stata bloccata dagli smottamenti per le piogge torrenziali di 6 settimane fa, che hanno ucciso decine di superstiti del terremoto e causato decine di migliaia di nuovi senzatetto.

Manca tutto. Il governo ha promesso prestiti fino a 50mila yuan e sussidi tra i 16 e i 22mila yuan per ricostruire le case, ma ha dato solo un sussidio giornaliero di 10 yuan (un euro) e mezzo chilo di grano, per appena 3 mesi. Solo a ottobre sono stati ripristinate energia elettrica e telecomunicazioni.

“Non abbiamo mezzi adeguati per tenerci caldi – spiega Wang al South China Morning Post – non è possibile costruire vere case prima dell’inverno e non abbiamo ancora avuto notizia di programmi pubblici di ricostruzione”. “Nel terremoto abbiamo perso quasi tutto, non possiamo ricostruire nulla senza denaro”. “Ho visto alla televisione – aggiunge – che gente di tutto il mondo ha donato vestiti e coperte per noi. Ma non li abbiamo ricevuti”.

Ovunque le opere di ricostruzione tardano. A Yuziki, villaggio della zona di Yingxiu, la gente ancora vive in ripari di fortuna con pavimenti di cemento e pareti di metallo o legno, alcuni coperti da lastre di cemento. Ma la gente è fiduciosa: si dice “fortunata” perché ha ricevuto sussidi di 400 yuan (40 euro) ciascuno e perché ci sono state frequenti “visite” dei leader nazionali. Anche se Jiang Yongfu, capo del Partito comunista locale, ammette che “non abbiamo il denaro per ricostruire le case e nemmeno abbastanza terreno per mantenerci” con l’agricoltura.