Continua la repressione della dittatura birmana contro monaci e dissidenti
Nove religiosi sono stati condannati a pene che variano dai sei anni e mezzo agli otto anni di galera. Portavoce della Nld conferma l’incriminazione di 14 attivisti del partito di opposizione e annuncia nuovi arresti. Il giro di vite dei militari intende “dissuadere” le voci contrarie al regime in vista delle elezioni del 2010.

Yangon (AsiaNews/Agenzie) – Nove monaci buddisti birmani sono stati condannati a pene che variano dai sei anni e mezzo agli otto anni di galera. Lo rivela Nyan Win, portavoce della Lega nazionale per la democrazia (Nld), spiegando che essi sono stati incriminati per aver preso parte alle manifestazioni del settembre 2007 contro il regime militare. Egli conferma anche l’incriminazione di 14 esponenti della Nld, il partito di opposizione in Myanmar guidato dalla premio Nobel Aung San Suu Kyi, con condanne tra i quattro e i 10 anni di prigione.

Le sentenze di questi ultimi giorni, più di 50 secondo fonti locali da lunedì 10 novembre a oggi, confermano il giro di vite impresso dalla giunta militare al potere nella ex-Birmania verso i dissidenti.

Secondo un diplomatico in Myanmar, la nuova repressione decisa dalla dittatura intende avere un “effetto dissuasivo” verso quanti invocano democrazia nel Paese in vista delle elezioni politiche in programma nel 2010.

“Quattordici membri della Nld e quattro monaci – afferma Nyan Win – sono stati condannati ieri [giovedì 13 novembre]. Per i monaci vi sono state condanne a otto anni di galera”. Altri cinque religiosi del monastero Ngwe Kyar Yan, a Yangon, sono stati invece condannati martedì 11 novembre a sei anni e mezzo di carcere. Lo stesso giorno il tribunale della prigione di Insein ha emesso una sentenza di 65 anni di reclusione a carico di 14 attivisti di “generazione 88” – tra i quali cinque donne – per la loro battaglia a favore della democrazia durante la “rivoluzione zafferano” del settembre del 2007. “Vi saranno nuove pene” riferisce Nyan Win, che denuncia “ulteriori pressioni sui militanti politici e pesanti minacce per la popolazione”.