Le proteste bloccano il parlamento a Bangkok per “la battaglia finale”
I parlamentari dovevano incontrarsi per discutere alcuni cambiamenti costituzionali a favore di Thaksin. Circa 18 mila oppositori si confrontano con migliaia di poliziotti. In arrivo anche 10 mila sostenitori del governo.

Bangkok (AsiaNews) -  Migliaia di dimostranti hanno assediato il parlamento nella capitale. Essi promettono di occupare altri uffici del governo e perfino l’aeroporto in quella che essi definiscono “la battaglia finale” per far cadere l’amministrazione, giudicata troppo vicina all’ex premier Thaksin Shinawatra, in esilio a Londra dopo un colpo militare nel 2006, che lo ha allontanato dal potere.

Almeno 18 mila membri del partito di opposizione (il Pad, People's Alliance for Democracy) hanno bloccato le entrate del parlamento dove alle 9.30 di stamane si doveva tenere una sessione per discutere di alcuni cambiamenti costituzionali a favore di Thaksin. Migliaia di poliziotti in tenuta antisommossa vigilano e si teme uno scontro violento anche se la polizia ha dichiarato di non possedere armi e l’opposizione vuole un confronto “non violento”. L’opposizione occupa alcuni edifici del governo da circa 3 mesi. In ottobre, all’apertura del nuovo parlamento, vi sono stati due morti e centinaia di feriti fra i dimostranti e la polizia.

L’opposizione è costituita da persone della classe media, accademici e studenti, che giudicano il nuovo governo, regolarmente eletto lo scorso dicembre, troppo vicino a Thaksin. Il premier Somchai Wongsawat è il cognato di Thaksin.

La polizia ha reso noto che almeno 10 mila sostenitori di Thaksin sono giunti a Bangkok e radunati in un tempio buddista alla periferia per sostenere il governo. Gli oppositori accusano il partito di Thaksin, il Ppp (People Power Party) di aver vinto le elezioni comprando voti e manipolando le attese dei contadini, ritenuti troppo ingenui per partecipare appieno alle elezioni.

 Intanto i sindacati del settore pubblico hanno annunciato uno sciopero nazionale per domani, se Somchai non si ritira. La crisi politica rischia di colpire anche l’economia del Paese, già provato dalla recessione mondiale. Alcune compagnie straniere hanno già tagliato produzione e posti di lavoro.