Disoccupazione urbana oltre il 12%: rischio elevato di proteste sociali
Uno studioso ammonisce che la disoccupazione è molto maggiore dei dati ufficiali e l’aggravarsi delle ingiustizie sociali può genere una situazione difficile da controllare. Intanto il governo rivede il prezzo del carburante e ne aumenta le imposte.

Pechino (AsiaNews/Agenzie) – Emergenza lavoro: una disoccupazione già del 12% e in aumento e l’acuirsi delle disparità sociali per la rallentata crescita economica del Paese, possono scatenare vaste proteste sociali nei prossimi mesi.

Zhou Tianyong, studioso della Scuola centrale del Partito comunista a Pechino, ammonisce il governo a “non illudersi” che la disoccupazione urbana sia del 4% come dicono i dati ufficiali: considerato il diffuso lavoro in nero, stima che i disoccupati nelle città sono intorno al 12% e possono essere il 14% nel 2009 quando la crescita economica del Paese si prevede sia del 7,5%, rispetto al 9% del terzo trimestre 2008. Secondo lo studioso, quest’anno circa un terzo delle imprese piccole e medie hanno dovuto chiudere o sospendere la produzione, mentre quelle grandi non effettuano nuove assunzioni. I più colpiti sono le decine di milioni di migranti che, senza lavoro, possono solo tornare nelle zone rurali e nella miseria.

Zhou, da sempre assertore di una maggior liberalizzazione e di uno sviluppo equilibrato, stima solo un palliativo i 4mila miliardi di yuan di investimenti promessi dal governo, perché saranno usati soprattutto per grandi opere, che creeranno posti di lavoro solo temporanei.

E’ una crisi che si prepara da tempo, dato che “il tasso di disoccupazione è cresciuto costante da anni e il 2009 si prevede sia molto duro”. Per questo Zhou ammonisce i leader a dare priorità alla creazione di nuova occupazione. Anche perché teme che “la redistribuzione della ricchezza tramite ladrocini e in modi illegali può aumentare in modo drammatico e minacciare sempre più la stabilità sociale”. Zhou non parla in modo aperto della corruzione, che Pechino dice di stroncare ma che è diffusa nei governi locali e tra le maggiori cause di proteste sociali. Tutto questo “può creare una situazione pronta a disordini sociali di massa”.

Intanto il governo annuncia che dal 1° gennaio il prezzo del carburante sarà allineato ai costi di mercato. L'idea di Pechino è voler promuovere la conservazione dell’energia e ridurre l’inquinamento. In realtà l’attuale prezzo non tiene conto della forte diminuzione del costo del petrolio, ridotto di circa due terzi rispetto a luglio, così che ora il consumatore cinese paga la benzina più che negli Stati Uniti. Saranno anche molto aumentate le imposte sul carburante.