Israele attacca Gaza per il terzo giorno: oltre 300 morti
di Joshua Lapide
Colpiti la sede del ministro degli interni di Hamas e l’università di Gaza. Molti morti fra i civili. Critiche da tutto il mondo diplomatico. Manifestazioni e proteste nel mondo arabo. Autorità palestinesi divise. Il peso elettorale degli attacchi.

Gerusalemme (AsiaNews/Agenzie) – Per il terzo giorno aerei israeliani hanno continuato raid contro Gaza, colpendo la sede del ministero degli interni di Hamas e l’università di Gaza. Intanto il governo di Tel Aviv ha chiamato 6500 riservisti per una possibile invasione da terra della Striscia. Carri militari israeliani si ammassano al confine con Gaza, mentre i palestinesi della Striscia contano i loro morti. Secondo fonti mediche palestinesi vi sono almeno 300 morti dal 27 dicembre, quando Israele ha cominciato l’offensiva in risposta ai missili e ai mortai lanciati dalla Striscia contro cittadine israeliane, fino ad Ashdot. Il 27 dicembre un israeliano di Netivot è stato ucciso.

Secondo il Palestinian Centre for Human rights molti dei morti nella Striscia sono civili, con almeno 20 bambini sotto i 16 anni e 9 donne. Israele si difende dicendo che i suoi obbiettivi sono tutti militari, ma a Gaza la popolazione è ammassata in abitazioni sovraffollate e molto vicine ed è difficile colpire i militanti di Hamas senza colpire anche i civili.

Le forze israeliane dicono che grazie ai bombardamenti di questi giorni, l’abilità di Hamas a lanciare missili è stata ridotta del 50%. Due giorni fa Hamas era riuscita a lanciare 130 missili Qassam; ieri solo 20.

La popolazione israeliana al confine con Gaza approva l’offensiva. Per anni sono stati sottoposti alla pioggia di missili e sembrava che il governo di Tel Aviv non facesse niente per loro.

L’Unione Europea, la Russia, la Cina e il Consiglio di sicurezza dell’Onu domandano che si fermi la violenza da entrambe le parti. Il segretario generale Onu, Ban Ki-moon ha domandato a Israele anche di permettere l’entrata di aiuti umanitari urgenti nella Striscia che da oltre un anno soffre un blocco strettissimo. Ieri 30 camion con aiuti di emergenza hanno potuto entrare nella Striscia.

In molti Paesi arabi e non vi sono manifestazioni e proteste contro gli attacchi israeliani. Anche la Turchia, uno dei pochi Paesi islamici ad avere rapporti diplomatici con Israele, ha definito gli attacchi “un crimine contro l’umanità”.

Fra i palestinesi vi è molta divisione: il presidente dell’Autorità palestinese, Mahmoud Abbas – capo anche di Fatah, la fazione nemica di Hamas -  ha detto che tutte queste violenze potevano essere evitate se Hamas avesse continuato la tregua, dissolta il 19 dicembre scorso. Il leader di Hamas in Siria, Khaled Meshaal, spinge invece per una nuova Intifada (rivolta) contro Israele. Ismail Haniya, capo di Hamas a Gaza, ha accusato gli israeliani di compiere un “orribile massacro”.

Anche il governo israeliano – con Tzipi Livni e Ehud Barack - sembra sotto pressione: la dura offensiva contro Gaza pare un’operazione tesa a raccogliere consensi dall’elettorato di destra, per togliere voti al “falco” Benjamin Netanyahu alle elezioni del 10 febbraio prossimo.