Le forze di sicurezza in Orissa non tolgono la paura e gli incendi
di Nirmala Carvalho
Due negozi e un centro cristiano sono stati bruciati. Oltre 10mila profughi raccolti nei centri di rifugio hanno celebrato il Natale sotto la protezione dell'esercito. Nei villaggi le messe anticipate al pomeriggio per evitare il ritorno a casa con il buio.
Bhubaneshwar (AsiaNews) - Le celebrazioni natalizie nel distretto di Kandhamal sono passate senza scontri, ma continuano gli incendi dolosi, per i cristiani resta la paura e i rifugiati non lasciano i campi di accoglienza per il timore di nuove violenze.
 
Il 23 dicembre, mentre nelle parrocchie e nei centri di accoglienza venivano preparate le celebrazioni di Natale, sono state appiccate le fiamme a due piccoli negozi nella cittadina di Sugadabadi. Il 26 stessa sorte è toccata ad un centro cristiano del villaggio di Bakingia.
 
I cristiani di Kandhamal, pur riconoscendo l’ingente spiegamento di forze per garantire la sicurezza nel periodo natalizio, continuano a temere per la loro incolumità. Ad oggi la polizia non ha attuato provvedimenti per le violenze iniziate a fine agosto, i colpevoli degli omicidi e delle aggressioni sono ancora a piede libero. A rendere ancora più tesa la situazione c’è poi l’emergere di un nuovo gruppo fondamentalista, denominato Hindu Gorilla Vahini,che si propone di lottare contro i gruppi maoisti e le comunità cristiane.
 
Nei campi profughi allestiti dal governo per i rifugiati dell’Orissa le celebrazioni di Natale si sono svolte con grande partecipazione da parte degli oltre 10mila cristiani ospitati.
 
Padre Nithiya, frate cappuccino e segretario esecutivo della commissione Giustizia e pace della conferenza dei vescovi indiani, ha trascorso le feste a Kandhamal. Interpellato da AsiaNews ha dichiarato: “Anche se nel giorno di Natale abbiamo visto l’espressione di una gioia innocente dipinta sui volti dei bambini nei campi, non abbiamo potuto non notare un senso di vuoto, l’espressione di dolore e di smarrimento sulle facce della maggioranza delle persone”.
 
Le celebrazioni nei campi sono state possibili grazie all’attività congiunta delle forze dell’ordine locali e del Central Reserve Police Force (Crpf) insieme all’impegno di tutta l’amministrazione del distretto. I vari corpi di sicurezza hanno controllato la situazione per tutta la notte mentre i fedeli raccolti nei campi preparavano le celebrazioni.
 
Il capo della polizia ha incoraggiato anche le parrocchie a svolgere le funzioni come da programma, ma molti sacerdoti hanno preferito anticipare la messa prima del crepuscolo. Nel villaggio di Pobingia, una trentina di poliziotti hanno sorvegliato la celebrazione fissata per le 4 e 30 del pomeriggio per permettere ai fedeli di tornare a casa con la luce del giorno. Alla funzione hanno però preso parte solo una ventina di persone, per lo più religiosi dell’ordine dei Missionari della carità e volontari. Pochissimi i cattolici locali che, temendo per la loro incolumità, non hanno rischiato di presentarsi in pubblico avendo subito nel recente passato violente intimidazioni da parte di fondamentalisti che intendevano convertirli con la forza all’induismo.
 
Padre Nithiya, che ha celebrato la messa nei campi di Tikabali e G Udayagiri e visitato il villaggio di Banunigam.  Dopo aver dormito in una delle tende allestite per ospitare i profughi, descrive ad AsiaNews le loro condizioni: “La gente vive sotto piccolo tende di tela. Ognuna ospita tra le 5 e le 7 famiglie insieme. Non esiste privacy, elettricità o acqua corrente. Giovani e vecchi, donne e uomini vivono sotta lo stessa tenda con evidenti problemi per tutti. Cosa ci attende per il futuro? Cosa deve accadere per assicurare il ritorno di queste persone dai campi alle loro abitazioni? Se queste persone tornano nei loro villaggi, come verranno accettate?”.