Nel 2009 saranno tagliati 51 milioni di posti di lavoro
Secondo l’Organizzazione internazionale del lavoro dell’Onu, la crisi sarà sentita in modo maggiore nei Paesi in via di sviluppo, molti nell’Asia, dove mancano sussidi e aiuti statali per i disoccupati. Saranno necessari importanti interventi de governi per stimolare l’economia.

Ginevra (AsiaNews/Agenzie) – Nel 2009 saranno tagliati 51 milioni di posti di lavoro nel mondo, con un tasso di disoccupazione globale del 7,1%, rispetto al 6% del 2008. La previsione è stata rivelata ieri dall’International Labour Oroganization (Ilo) delle Nazioni Unite.

E’ solo un dato previsionale, ma l’Ilo aggiunge che secondo le stime più ottimistiche saranno tagliati “solo” 18 milioni di posti e il dato più attendibile è di 30 milioni di nuovi disoccupati. I Paesi più colpiti saranno quelli in via di sviluppo, anzitutto in Asia, anche perché molti di loro non hanno ammortizzatori sociali come la cassa integrazione o il sussidio di disoccupazione e parecchi governi non sono in grado di immettere aiuti economici nel mercato interno per aiutare i settori in difficoltà. Inoltre in questi Paesi, soprattutto nell’Asia meridionale, la disoccupazione rischia di far ricadere milioni di famiglie nella situazione di povertà da cui sono uscite di recente appena da uno o 2 anni. In questi Stati il governo potrà intervenire finanziando grandi opere pubbliche, come strade, ponti ed edifici pubblici.

Alla fine del 2008, la disoccupazione era già elevata in Medio Oriente (9,4%), nei Paesi ex sovietici (8,8%). Il 57% dei nuovi posti di lavoro nel 2008 sono stati creati nell’Asia del sud, sud-est e orientale, che hanno bassi tassi di disoccupazione (pari al 5,4%, 5,7% e 3,8%). Ma anche per questo un’inversione di tendenza può creare maggiori problemi, anche sociali.

Quello che preoccupa in grado maggiore è il rapido peggioramento di queste stime: lo scorso ottobre l’Ilo aveva detto che nel 2009 sarebbero stati tagliati 20 milioni di posti di lavoro; ora il dato è più che raddoppiato. Cosa che induce molti a temere che la situazione sia ancora peggiore.