Proposta di un vertice inter-asiatico per risolvere la crisi Rohingya
di Weena Kowitwanij
Thailandia, Myanmar e Bangladesh non riconosco il diritto della minoranza etnica musulmana a vivere sul proprio territorio. Per il rappresentate dei Rohingya in Thailandia le ferite sui corpi dei profughi sono da imputare all’esercito birmano.

Bangkok (AsiaNews) – Un vertice inter-asiatico per affrontare la questione dei profughi Rohingya. È la proposta avanzata da Bangkok per risolvere la crisi legata alla minoranza etnica musulmana, con base nel Myanmar, che nessuna nazione asiatica sembra disposta ad accogliere. I Paesi invitati all’incontro sono Birmania, Bangladesh, Indonesia, India e Thailandia.

La Thailandia non li considera rifugiati politici, ma immigrati irregolari; per le autorità birmane non sono un’etnia del Paese, ma un popolo giunto in Myanmar ai tempi del colonialismo; il Bangladesh asserisce che i primi casi di immigrazione risalgono al 1978.

Abhisit Vejjajiva, primo ministro della Thailandia, ha più volte ricordato di non considerare i Rohingya “rifugiati politici”, ma “immigrati irregolari” che verranno espulsi dal Paese secondo le norme stabilite dalla comunità internazionale “in materia di diritti umani”. Il premier è disponibile a collaborare con quanti si occupano della questione, ma ribadisce di “non poter cambiare il loro status” e “avviare un centro di accoglienza”.

Abhisit auspica che “tutte le nazioni interessate diano vita a una discussione comune per risolvere il problema”. Una posizione ribadita da Kasit Pirom, ministro degli Esteri, che suggerisce un vertice fra “diplomatici di Birmania, Bangladesh, Indonesia, India e Thailandia”.

Ieri, intanto, si è tenuto un incontro tra un gruppo di parlamentari e la Commissione nazionale per la giustizia e i diritti umani, alla quale ha partecipato anche Muhamad Norsum, rappresentate dei Rohingya che vive in Thailandia da 21 anni. Egli ha ricordato che i profughi “non vogliono fermarsi in Thailandia, ma emigrare in Malaysia, Indonesia o altre nazioni a maggioranza musulmana”. Norsul conferma inoltre che le ferite presenti sui corpi dei profughi “non sono da attribuire all’esercito thailandese”, quanto piuttosto alle violenze e alle torture “subite in Myanmar”.