Scontri tra polizia e dimostranti nel Qinghai, esplodono due veicoli
Nel Tibet è massimo il controllo della polizia. In Cina c’è una forte campagna mediatica antitibetana. Ex leader di piazza Tiananmen: molti cinesi sono solidali con i tibetani e con il loro desiderio di autodeterminazione.

Dharamsala (AsiaNews/Agenzie) – Scontri tra decine di manifestanti e la polizia ieri nella prefettura di Golog, nella parte tibetana del Qinghai. Nella zona nelle primissime ore di oggi un’auto della polizia e un autocarro dei pompieri sono stati fatti saltare con l’esplosivo. Nel Tibet e alla frontiera sono massime le misure di sicurezza, nel timore di proteste per i 50 anni dalla rivolta del 10 marzo 1959 contro la dominazione cinese.

L’agenzia Xinhua riporta che la protesta è esplosa dopo che la polizia ha fermato un residente per un controllo d’identità. Non specifica se i dimostranti fossero tibetani.

Intanto a Lhasa e nelle altre città tibetane le misure di sicurezza sono al massimo. Polizia ed esercito pattugliano la strada e controllano chiunque circoli. Il timore è che si ripetano le proteste scoppiate il 10 marzo 2008, quando migliaia di dimostranti sono scesi in piazza nell’intera regione e l’esercito cinese ha reagito in modo violento, facendo circa 200 morti e arrestando migliaia di persone. Sono aumentati anche i controlli alla frontiera del Tibet con altre nazioni, ufficialmente per il timore di attentati da parte dei sostenitori del Dalai Lama.

In Cina è anche in atto una forte campagna contro il Dalai Lama, raffigurato come terrorista e separatista. L’occupazione cinese del Tibet è descritta come la liberazione della popolazione dalla dittatura teocratica di un’elite.

Joseph Cheng, professore di Scienza politica all’Università della Città di Hong Kong, commenta che Pechino vuole fare leva sul sentimento nazionalista, nel caso che ci siano nuove proteste in Tibet. Altri esperti ritengono che questa propaganda sia segno di insicurezza.

L’attivista Shao Jiang del Centre for the Study of Democracy, ex leader degli studenti durante le proteste di piazza Tiananmen nel 1989 e ora in esilio, sul suo blog ha espresso ieri “la solidarietà dei cinesi con i tibetani”, dicendo che molti cinesi sono favorevoli al diritto di autodeterminazione dalla popolazione del Tibet. Egli afferma che sui blog cinesi sono persino comparse pubbliche “scuse” verso i tibetani.