Revocati 70mila visti a immigrati bangladeshi
Erano attesi in settimana per lavorare nell’industria manifatturiera, agricola ed edile. Il governo di Kuala Lumpur ha cancellato i permessi dopo le accuse di sottrarre lavoro ai locali a favore degli stranieri. Gli immigrati in Malaysia sono circa 3milioni: fuggono dalla povertà del Paese di origine e accettano lavori anche sottopagati.
Kuala Lumpur (AsiaNews/Agnezie) - La Malaysia revoca i visti a 70 mila immigrati bangladeshi attesi nel Paese per questa settimana. La decisione improvvisa è arrivata dopo le proteste dei locali che accusano il governo di Kuala Lumpur di sottrarre lavoro a favore degli stranieri.
 
I 70mila bangladeshi erano destinati ad industria, agricoltura ed edilizia e andavano a sommarsi ai 500mila connazionali già presenti in Malaysia. Essi costituiscono il 16% dei 3milioni di immigrati provenienti dall’Asia.
Irene Fernandez, direttore esecutivo di Tenaganita, ong che aiuta i migranti spiega che “provengono da famiglie povere che mettono insieme circa 200 mila taka [2mila euro Ndr] per mandare i loro figli in Malaysia nella speranza che possano fuggire la povertà”. “In Bangladesh - aggiunge Fernandez - un insegnante di scuola primaria guadagna al mese 800 taka [9 euro Ndr].”
La revoca dei 70mila visti è uno degli effetti della crisi economica globale che sta avendo forti ripercussioni sul mercato del lavoro in Malaysia. Govindasamy Rajasegaran, segretario del Malaysian Trades Union Congress, spiega che “con la crisi, le fabbriche tagliano i costi lasciando a casa i locali e prendendo lavoratori stranieri che hanno stipendi più bassi. Se questa tendenza prosegue, entro giugno ci aspettiamo il licenziamento di 400mila lavoratori locali”.
Ma i tagli e i licenziamenti colpiscono anche gli immigrati. La maggior parte di loro viene rimpatriata, ma molti scelgono la clandestinità o lavori sottopagati pur di non tornare a casa. La legge prevede che gli stranieri disoccupati non possano restare nel Paese e da loro un mese di tempo per trovare un nuovo impiego prima dell’espulsione. “In teoria, se perdono il lavoro vengono rimpatriati - spiega Fernandez -, ma in pratica trovano con facilità lavori a bassissima retribuzione che i locali rifiutano”.