Bangkok, decine di migliaia chiedono le dimissioni del premier Abhisit
Gli attivisti pro-Thaksin accusano l’attuale premier di aver conquistato il potere in modo “illegale” e di essere “un pupazzo” nelle mani dei militari. Il primo ministro respinge l’ipotesi di dimissioni e assicura di non voler usare la forza. Indici di borsa negativi per il timore di nuove violenze.
Bangkok (AsiaNews/Agenzie) – Decine di migliaia di manifestanti si sono riuniti a Bangkok per chiedere le dimissioni del premier thai Abhisit Vejjajiva; egli respinge l’ipotesi di abbandonare l’incarico e promette “di non usare la violenza” per sedare la protesta.
 
Dal 26 marzo scorso i sostenitori del Fronte unito per la democrazia contro la dittatura (Udd), legati all’ex primo ministro Thaksin Shinawatra, hanno lanciato una massiccia campagna di protesta contro il governo. Oggi gli organizzatori prevedono l’afflusso di oltre 300mila persone – ad ora sono circa 50mila – davanti alla sede dell’esecutivo, per quello che definiscono il “D-Day”. I dimostranti, vestiti di rosso, accusano il primo ministro di aver conquistato la leadership “in modo illegale” e di essere “un pupazzo nelle mani di militari”.
 
In Thailandia si rinnova la profonda spaccatura tra i simpatizzanti di Thaksin, sostenuto in genere dagli agricoltori delle zone rurali e dai poveri delle città, e gli alleati di Abhisit, appoggiato dai militari e dalla classe media. L’attuale premier è salito al potere nel dicembre scorso, dopo che la Corte costituzionale ha disposto lo scioglimento del partito di maggioranza People’s Power Party per corruzione. Le manifestazioni, durate diversi mesi, hanno portato alla chiusura dei due principali aeroporti del Paese; nell’ottobre scorso una serie di scontri di piazza ha causato la morte di due manifestanti, 443 i feriti.
 
La prospettiva di nuove violenze nel Paese ha avuto ripercussioni negative anche sulla borsa thailandese – il Seti – che a metà giornata segnava un indice negativo dello 0,9%. Nel 2009 la borsa ha fatto registrare una diminuzione del 2,5%, in controtendenza rispetto ai segnali di ripresa mostrati dai mercati asiatici.