Vanni, il governo chiede aiuti internazionali. Dai tamil accuse alle autorità
di Melani Manel Perera
Sempre più grave la crisi umanitaria nelle zone di guerra. Le Tigri tamil parlano di circa 165mila civili che rischiano di morire di fame; accuse al governo, che "in maniera deliberata” blocca gli aiuti. Colombo chiarisce che la cura dei rifugiati è una “priorità” e prepara un piano post-guerra.
Colombo (AsiaNews) –  Il governo dello Sri Lanka chiede aiuto alla comunità internazionale e alle ong locali, per far fronte alla marea di profughi in fuga dalla guerra. Le Tigri tamil riferiscono di 165mila civili, appartenenti a circa 40mila famiglie, che rischiano di morire di fame e di stenti all’interno della zona controllata dai ribelli; le Tigri puntano il dito contro le autorità di Colombo, che “in maniera deliberata” privano i profughi “di cibo e altri generi di prima necessità”.
 
I profughi della No-Fire Zone vivono in condizioni disperate: mancano cibo, acqua potabile, vestiti puliti, biscotti, medicine e assistenza medica. Le televisioni del Paese trasmettono immagini di gente ridotta alla fame, stremata, malata e senza alcuna speranza di salvezza. I ribelli attaccano il governo, accusandolo di colpire in maniera “deliberata” la popolazione per annientare la resistenza.
 
I ribelli parlano di “bombardamenti mirati” e “colpi di artiglieria” a strade e vie di collegamento utilizzate per portare aiuti ai bisognosi. Colombo, da parte sua, sostiene che la “cura dei civili” delle zone di guerra è una “priorità”. Il solo elemento certo, in questo scambio di accuse reciproco, è la condizione disperata dei profughi; oggi è in programma una visita nella zona di Sir John Holms, capo dell’Agenzia Onu per gli aiuti umanitari, il quale farà il punto della situazione.
 
Mahinda Samarasinghe, capo del dicastero singalese per la Protezione civile e i diritti umani, riferisce che al 24 aprile vi sono 193.960 sfollati, i cosiddetti Internally Displaced People (IDPs). Negli ultimi quattro giorni 105.274 civili sono fuggiti dalla No-Fire Zone, il 75% dei quali sono stati affidati alle cure delle Agenzie governative. I ribelli parlano di una crisi umanitaria senza precedenti, simile a “quella del Darfur e anche più grave”.
 
Colombo assicura di voler garantire “i bisogni immediati” della popolazione, fra cui cure mediche e acqua potabile. Il governo annuncia inoltre di avere in mente un piano post-guerra per permettere un progressivo ritorno alla normalità per i rifugiati a Vanni. Secondo i dati più recebti forniti dalle Nazioni Unite, negli ultimi tre mesi di guerra sono morti circa 6.500 civili. La guerra fra ribelli indipendentisti e governo centrale è divampata nel 1983, aggravandosi negli ultimi tre anni. La campagna lanciata dall’esercito governativo è alle strette finali: presto anche le ultime sacche di resistenza potrebbero essere sradicate, al prezzo di migliaia di vite umane spezzate.