Grande interesse in India per il divieto malaysiano di far convertire i bambini
di CT Nilesh
La decisione di Kuala Lumpur, Paese a maggioranza islamica, stabilisce che i minori sono legati alla religione dei genitori al momento del matrimonio, anche se successivamente uno dei due diventa musulmano.
New Delhi (AsiaNews) - In questa nazione particolarmente sensibile al problema delle conversioni, i giornali indiani hanno dato particolare rilievo alla notizia che il governo della Malaysia ha deciso di proibire la conversione dei bambini. La decisone è avvenuta in seguito al caso di una donna indiana indù, il cui marito, dopo il divorzio, decise di far cambiare religione anche ai loro figli.
 
Nel tentativo di facilitare la soluzione dei conflitti religiosi in una nazione già provata da conflitti razziali, il ministro degli affari legali della Malesia, Nazri Aziz, giovedì ha deciso di proibire la conversione dei bambini senza il consenso di ambedue i genitori. La decisione, in questa nazione a maggioranza musulmana, viene in seguito di un caso di divorzio tra una donna indù di 34 anni, che porta un nome famoso come quello di Indira Gandhi, e suo marito che dopo il divorzio abbracciò l’Islam e fece convertire anche i loro figli.
 
Il ministro per gli affari legali ha decretato che i figli minori sono legati alla religione comune dei genitori al momento del matrimonio, anche se uno dei genitori sia diventato dopo un musulmano. La legge islamica si applica solo al momento della conversione della persona e non è retroattiva.
 
L’Islam è la religione ufficiale della Malaysia, ma ai non-musulmani è permesso di praticare la loro fede. I musulmani che rappresentano la maggioranza del 65% dei 27 milioni di abitanti, sono soggetti alla legge familiare islamica, mentre i non-musulmani sono soggetti ad una legislazione civile introdotta nel periodo britannico.
 
Nazri ha assicurato che il procuratore generale è stato incaricato di rivedere e cambiare tutte le leggi relative al caso.
 
In Malaysia ci sono sempre state rapporti difficili con le minoranze etniche cinesi ed indiane che sono in maggioranza buddiste, cristiane e indù, con numerose accuse di discriminazione da parte delle autorità in casi di richiesta d’intervento legale per divorzio e conversione.