Swat Valley, è guerra fra esercito e talebani. Un centinaio le vittime
di Qaiser Felix
Decine di migliaia di persone in fuga dalle violenze. I mezzi dell’esercito colpiscono le postazioni dei fondamentalisti islamici. Ucciso il figlio di Sufi Muhammad, leader spirituale del movimento talebano locale. La Croce rossa internazionale parla di “emergenza umanitaria”. Afghanistan, Pakistan e Stati Uniti confermano la lotta alla “minaccia talebana”.
Islamabad (AsiaNews) – Un centinaio di morti, migliaia di civili in fuga, caccia ed elicotteri dell’esercito che continuano i raid per annientare la resistenza talebana. È guerra fra gli estremisti islamici e le truppe pakistane nella Swat Valley, nel nord del Pakistan, dove si consuma una tragedia umanitaria dalle proporzioni sempre più vaste.
 
Sono almeno 69 i talebani caduti sotto il fuoco dei militari, che cercano di riconquistare posizioni a Mingora e Buner, nello Swat. È la prima “operazione pianificata” dell’esercito dalla fine dell’accordo di pace fra fondamentalisti e governo della North West Frontier Province (Nwfp), in seguito al quale è entrata in vigore la Sharia, la legge islamica.
 
Un colpo di artiglieria ha centrato la casa del leader talebano Sufi Muhammad, guida spirituale del movimento Tahrik-e-Nifaz Shariat Muhammadi (Tnsm), nel distretto di Dir; nell’attacco è morto uno dei figli di Sufi Muhammad, ferito il genero. Fonti dell’esercito di Islamabad riferiscono che negli scontri sono morti quattro soldati, sei sono rimasti feriti. Non si hanno al momento conferme sulla trentina di vittime civili.
 
Le violenze degli ultimi giorni hanno costretto circa 40mila persone ad abbandonare lo Swat, un tempo rinomata meta turistica, il cui territorio “è controllato al 90% dai talebani” secondo quanto riferito da Muslim Khan, portavoce del movimento estremista Tehreek-e-Taliban Pakistan. Egli ha inoltre aggiunto che l’accordo di pace con il governo è cessato e accusa l’esercito di aver rotto la tregua.
 
Nello Swat, intanto, si consuma una vera e propria emergenza umanitaria: fonti del governo locale affermano che “fino a 800mila persone su un totale di 1,6 milioni potrebbero lasciare la valle” a causa del conflitto. Nelle scorse settimane i talebani hanno attuato esecuzioni sommarie contro adulteri, frustate per comportamenti “immorali”, chiuso scuole per ragazze e uffici di organizzazioni non governative, proibito alle donne di uscire da sole e avviato una campagna di repressione verso le minoranze religiose, fra cui quella cristiana.
 
Volontari della Croce Rossa e Mezzaluna rossa internazionale si sono mobilitati per portare aiuti a 120mila profughi, colpiti dalla guerra in corso e bisognosi di aiuti e generi di prima necessità. Un ospedale di Peshawar “sta potenziando le risorse interne” per prestare assistenza “fino a 100 feriti alla volta”, riferisce Benno Kochner, responsabile delle operazioni di aiuto nella Nwfp. Pascal Cuttat, capo della delegazione della Icrc a Islamabad, invita le parti in causa a “rispettare le leggi internazionali” e a “ridurre al minimo le vittime civili”.
 
Ieri a Washington si è tenuto un summit fra il presidente Usa Barack Obama, il presidente pakistano Asif Ali Zardari e il capo di Stato afghano Hamid Karzai. Obama ha sottolineato di “apprezzare la serietà” con la quale i leader di Pakistan e Afghanistan affrontano “la minaccia talebana”. Egli ha infine aggiunto che i governi devono collaborare nella lotta contro i fondamentalisti e “impedire loro” di minacciare le popolazioni locali o gli americani.