La polizia spara sulla folla, gravi sei donne tibetane
Nella contea di Tawu รจ in progetto una grandiosa diga idroelettrica, ma dovranno essere trasferiti decine di migliaia di tibetani. Quando la folla protesta, la polizia apre il fuoco. Intanto continuano le condanne al carcere a vita per chi ha protestato nel marzo 2008.

Dharamsala (AsiaNews) – La polizia cinese apre il fuoco contro un gruppo di tibetani che nella contea di Tawu (prefettura di Karze nel Sichuan) protesta in modo pacifico contro la costruzione di una diga e ferisce in modo grave sei donne.

Le autorità vogliono costruire un’imponente diga idroelettrica tra le contee di Tawu e Nyagchu, che prevede lo spostamento di decine di migliaia di residenti. I locali non vogliono lasciare la terra abitata dagli avi e denunciano che le autorità all’inizio del 2008 li hanno costretti con la forza a firmare un atto di assenso.

Per "trattare" con gli oppositori, il 5 maggio le autorità hanno inviato un forte contingente di poliziotti, che ha distrutto diverse case.

Urgen Tenzin, direttore esecutivo del Tibetan Centre for Human Rights and Democracy (Tchrd), spiega ad AsiaNews che la mattina del 24 maggio le autorità cinesi hanno organizzato un incontro con i residenti per parlare della diga e “nel corso dell’incontro hanno detto agli abitanti che sarebbero stati spostati in  un’altra zona. Questa notizia ha provocato proteste spontanee e molti hanno urlato che si rifiutavano di andare via. Subito la polizia ha aperto il fuoco contro i dimostranti non violenti e disarmati e ha ferito sei donne”. Le donne, identificate per Tsering Lhamo, Rigzin Lhamo, Dolma, Kelsang, Dolkar e Khaying, sono state portate via dalla polizia e se ne ignorano le attuali condizioni.

Tenzin commenta che “uno sviluppo [economico] deve portare benefici alla popolazione, non costringerla a lasciare le case e alienarla dalle proprie radici e minacciarne il sistema di vita. Queste misure contro una protesta verbale è una palese violazione dei diritti umani”.

Il Tchrd ha pure denunciato che continuano le gravi condanne contro gli autori delle proteste del marzo 2008. Il 21 maggio la Corte di Kanlho ha condannato il monaco Tsultrim Gyatso all’ergastolo e il monaco Thabkhay Gyatso a 15 anni di carcere, per “avere messo in pericolo la sicurezza statale”. Entrambi del monastero di Labrang (contea di Sangchu, nel Gansu), hanno partecipato alle proteste del 15 marzo 208 nella loro zona. Sono detenuti da oltre un anno senza nemmeno poter vedere i familiari. (NC)