Cristiani, indù e sikh costretti a pagare i talebani per essere “protetti”
Nei villaggi al confine nord tra Pakistan e Afghanistan i non-musulmani sono costretti a versare la jizya. Il gruppo Lashkar-e-Islam chiede 1000 rupie all’anno per permettere libertà di movimento e la possibilità di restare. Nella regione di Orakzai i talebani hanno occupato due negozi e diverse case della comunità sikh. Alcune famiglie fuggono altre pagano sino a 20 milioni di rupie pur di restare.
Islamabad (AsiaNews/Agenzie) -  I non-musulmani devono pagare una tassa ai talebani se vogliono restare a vivere nelle loro case.  Ad imporre la cosiddetta jizya a cristiani, indù e sikh è la Lashkar-e-Islam, organizzazione di militanti musulmani con base nella città di Bara, 10 km a sud-ovest di Peshawar.
 
Fonti locali affermano che la jizya è imposta alle comunità di non-musulmani che vivono a Bara, Chora, Karamna, Bazaar Zakhakhel e nella Tirah Valley, località sparse nella Khyber Agency, una delle Federally Administered Tribal Areas (Fata) al confine nord tra Pakistan e Afghanistan.
 
La tassa consiste in un versamento annuale di 1000 rupie a testa, poco più di 8 euro; sono esentati donne, bambini e handicappati. Tutte i membri delle minoranze devono pagarla per avere il diritto di muoversi liberamente nella zona, altrimenti sono costretti ad abbandonare le case ed i villaggi in cui vivono da decenni.
 
Già in aprile, nella Fata di Orakzai, il gruppo talebano di Lashkar-e-Islam ha cominciato a riscuotere la tassa alla locale comunità indù usando anche la forza. Nel villaggio di Feroze Khel, nell’area di Merozai, i talebani hanno occupato due negozi e diverse case per ottenere il pagamento della jizya. Fonti locali affermano che alcune famiglie sikh hanno pagato ai talebani anche 20 milioni di rupie mentre altre hanno preferito abbandonare le loro case e la zona per sottrarsi al pagamento.