Teheran (AsiaNews/Agenzie) – Migliaia di poliziotti in tenuta anti-sommossa presidiano le vie centrali della capitale per prevenire e sopprimere ogni raduno “illegale”, dopo una settimana di proteste contro la manipolazione delle elezioni presidenziali.
Ieri non vi sono state manifestazioni, ma il giorno prima almeno 10 persone sono state uccise in scontri con la polizia e i dimostranti. Le manifestazioni – con un minor numero rispetto alle precedenti – erano una sfida diretta all’avvertimento-minaccia della guida suprema Alì Khamenei di non temere più dimostrazioni, pena pagarne le conseguenze.
La polizia ha detto che dopo gli scontri del 20 giugno, 457 persone sono state arrestate. Anche giornalisti e blogger subiscono violenze. Secondo Reporters sans frontières almeno 23 di loor sono stati arrestati la scorsa settimana. I media stranieri - Bbc, Cnn, Al Arabiya, - subiscono limitazioni ed espulsioni.
Ahmadinejad, il presidente vittorioso e benedetto da Khamenei ha ribadito ancora una volta che Gran Bretagna e Stati Uniti devono cessare le loro “ingerenze”. Accuse contro Londra sono venute dal ministero degli esteri, secondo il quale i servizi segreti britannici si sono infiltrati a Teheran proprio in prossimità delle elezioni.
Ma intanto vi sono segnali sempre più forti di divisione nella leadership. Ieri si è diffusa la voce che tutta la famiglia di Hashemi Rafsanjani – nemico personale di Ahmadinejad - era stata arrestata. In serata è giunta la notizia che essi erano stati liberati. Moussavi, il candidato presidenziale apparentemente sconfitto, continua a domandare nuove elezioni e l’annullamento di quelle sospettate di truffa. Egli ha chiesto ai suoi sostenitori di continuare a esprimere il loro dissenso, ma di farlo in modo “contenuto” per evitare la violenza della repressione.
Il riformista ex presidente Muhammad Khatami ha domandato la liberazione di tutti gli arrestati di questi giorni.
Il tentativo di mostrare le contestazioni di questi giorni come un “complotto straniero” è un modo per salvare la faccia di un regime che la gente accusa essere corrotto e lontano dai bisogni della popolazione. Anche se non vi sono manifestazioni, nella notte, sui tetti delle città si grida “Allah ahkbar!”, il grido che 30 anni fa ha portato alla caduta dello scià e che ora viene usato come un avvertimento ad Ahmadinejad e Khamenei.