Nuovi scontri a Teheran, nuova conta dei voti; tensioni con l’Unione Europea
Circa 3 mila persone sono state attaccate dalla polizia. Il Consiglio dei Guardiani comincia oggi la revisione dei risultati delle urne, ma Moussavi e Kharroubi vogliono nuove elezioni con osservatori internazionali. L’Ue minaccia azioni “forti e collettive” per l’arresto degli impiegati dell’ambasciata britannica. Società, governo e pasdaran sono tutti divisi.

Teheran (AsiaNews/Agenzie) – Diverse migliaia di persone si sono scontrate con la polizia ieri sera, mentre cresce la tensione con Gran Bretagna e Unione europea sull’arresto di alcuni impiegati locali dell’ambasciata britannica, accusati di aver avuto un ruolo importante nelle dimostrazioni dei giorni scorsi.

Dopo alcuni giorni di calma apparente – seguiti a una dura repressione dell’opposizione – ieri almeno 3 mila persone si sono radunate davanti alla moschea di Ghoba. La polizia ha caricato la folla con manganelli e gas lacrimogeni. Una donna anziana è stata battuta e vi sono state scontri fra giovani e poliziotti. Secondo alcuni testimoni alla manifestazione era presente Mehdi Kharroubi e alcuni rappresentanti di Mir Hossein Moussavi, i due candidati presidenziali perdenti che rifiutano il risultato delle elezioni del 12 giugno e chiedono nuove elezioni.

Stamane il Consiglio dei Guardiani ha iniziato la revisione del 10% delle urne per verificare il risultato delle elezioni che hanno dato la vittoria a Mahmoud Ahmadinejad. Secondo l’opposizione vi sono stati almeno 600 casi di brogli. Moussavi e Kharroubi hanno già detto che essi non accettano la mini-revisione e domandano nuove elezioni alla presenza di osservatori internazionali.

Ieri, i ministri degli esteri dell’Unione europea hanno condannato l’arresto di 8 impiegati locali dell’ambasciata britannica, accusati di aver fomentato le manifestazioni dei giorni scorsi. Secondo la televisione ufficiale iraniana cinque di loro sono stati rilasciati. I ministri della Ue hanno chiesto il totale rilascio e avvertito che “violenze e intimidazioni” possono provocare una “risposta forte e collettiva”.

Il governo di Ahmadinejad e la guida suprema Alì Khamenei si trovano davanti alla crisi più profonda in 30 anni di Repubblica islamica, con un’opposizione che tende ad esautorarli. La risposta del governo è sempre più dura. Oltre a sopprimere le manifestazioni – facendo almeno 17 morti – vi sono continui arresti. Secondo la Federazione internazionale per i diritti umani finora vi sarebbero almeno 2 mila persone arrestate.

Dietro alla crisi evidente sulla piazza vi è una divisione nella leadership. Secondo analisti, il Consiglio degli esperti, i maggiori ayatollah, il governo, il parlamento, l’esercito e perfino le Guardie rivoluzionarie (pasdaran) sarebbero divisi.