Le pressioni della piazza usate dal ricco Rafsanjani contro i potenti Pasdaran
di Dariush Mirzai
L’opposizione raccoglie i delusi di anni di riforme mancate. Ma i manifestanti forse sono solo pedine di una guerra sul controllo economico del Paese.

 Teheran (AsiaNews) – Quale futuro attende l’Iran e quale futuro è in serbo per l’opposizione che in queste settimane ha eroicamente sfidato l’establishment?

 Dieci anni fa, delle rivolte studentesche hanno provocato una repressione brutale in Iran. Oggi, la repressione si ripete, ma ormai l’opposizione ha un ventaglio di espressioni non limitate a un solo gruppo sociale: c’è anche internet, il telefono cellulare, twitter. La propaganda islamico-nazionalista si trova anche a corto di “capri espiatori”: il presidente Obama rappresenta un avversario meno facile da criticare o accusare. Nel frattempo, gli Iraniani sono più delusi. Essi hanno visto che perfino un mullah “riformatore” – Khatami – non è riuscito a riformare il regime. Hanno anche visto che con Ahmadinejad, la Repubblica islamica non è capace di diminuire il livello di corruzione e offrire più giustizia sociale.

Nel frattempo, il regime iraniano ha rafforzato i metodi repressivi per mantenere il sistema, integrando quelli che non potevano essere annientati. Ma l’integrazione delle forze antagoniste ad alto livello non sarà sempre possibile. Oggi, Rafsanjani, l’uomo più ricco del Paese, si oppone visibilmente non solo ad Ahmadinejad ma anche a Khamenei e ai Pasdaran, la potentissima milizia armata rivoluzionaria. Moussavi sembra essere solo un emblema, come lo è anche Ahmadinejad. Forse la “Repubblica dei mullah” non appartiene già più al clero sciita.

 Al culmine della gerarchia clericale sciita, ci sono i “gran marjah”, un piccolo numero di ayatollah “fonti d’imitazione”, considerati come “dottori” per la loro sapienza e per la loro santità di vita. Quando stava per succedere a Khomeini, Khamenei era solo “hojjatoleslam”, cioè neppure un vero e proprio ayatollah. Dopo l’elezione a presidente, Ahmadinejad ha scelto come suo punto di riferimento religioso non un “gran marjah”, ma un teologo estremista fuori dell’establishment, l’ayatollah Mezbah Yazdi.

 Khamenei ed Ahmadinejad sono legati alle Guardie della Rivoluzione: i Pasdaran e le loro truppe giovani, violentissime, i Bassij. La sciarpa bianca a quadri sempre portata da Khamenei sopra il vestito clericale è l’emblema dei Bassij. Le Guardie della Rivoluzione possiedono ormai gran parte del potere. E sembra ormai lontano il tempo quando Khatami, pure debole, poteva obbligare i Bassij a rimanere consegnare nelle loro caserme.

 Se dietro Ahmadinejad e Khamenei ci sono i Pasdaran, dietro Mussavi e l’opposizione pro-democratica si nasconde Rafsanjani. Il potente politico e businessman vestito da mullah ha capito ben presto l’importanza di appoggiarsi alla folla dei delusi dell’era Ahmadinejad. Nel 2005, l’impopolarità di Rafsanjani aveva regalato ad Ahmadinejad il successo elettorale. Allora come oggi, Ahmadinejad cerca di minacciare i “corrotti”, dei quali il ricchissimo Rafsanjani è l’emblema. Ma finora non ha ottenuto nessun risultato. Rafsanjani ha consolidato il proprio potere nelle istituzioni iraniane, essendo pure in posizione di favorire una destituzione di Khamenei, tramite il “Consigli degli Esperti”. Si dice che in questi giorni, Rafsanjani si è ritirato a Qom per discutere con gli altri mullah scenari per futuro dell’attuale Guida Suprema. Bluff, rumori? In ogni caso questo è almeno l’indizio di una spaccatura nel regime.

 Impressionanti sono pure la brutalità la paura del regime che ha scatenato una dura repressione e cerca di controllare l’informazione a tutti costi. Da notare, anche, la prudenza e la raffinata ironia dell’opposizione. Invece di rivendicare clamorosamente delle libertà all’occidentale, l’opposizione grida “Allah akhbar !” e si veste di verde o di nero, colori islamici. Obama e gli altri governi occidentali l’hanno capito: sarebbe un errore di appoggiare queste folle troppo visibilmente dall’estero, per non dar argomenti nazionalistici a Khamenei. L’ha anche capito anche Rafsanjani, che rimane nel retroscena.

 Il coraggio e l’intelligenza dell’opposizione è fonte di speranza per molti iraniani esiliati. Forse questo movimento spontaneo, certo appoggiato - se non sfruttato - da Rafsanjani, diventerà una forza politica. Ma in un Paese dove i Pasdaran controllano i confini; godono di propri porti marittimi e di importanti interessi economici; dove decidono da soli sul programma nucleare e possiedono aeronautica, marina e forze terrestri, la Repubblica dei mullah si lascerà ancora riformare ?