A Cina e Gran Bretagna i primi contratti per l’estrazione del petrolio irakeno
China National Petroleum Corp e Bp si sono aggiudicate un appalto ventennale per l’estrazione di greggio. Alle aziende vanno due dollari Usa per ogni barile di petrolio estratto. Il governo irakeno userà i proventi per finanziare la ricostruzione delle infrastrutture del Paese.
Baghdad (AsiaNews/Agenzie) – China National Petroleum Corp (Cnpc) e il gigante britannico BP sono le prime aziende straniere a sottoscrivere contratti per lo sfruttamento del petrolio in Iraq. I due colossi stranieri dell’energia, rispettivamente cinese e inglese, si sono aggiudicati un appalto ventennale per l’estrazione di 17 miliardi di barili nella zona di Rumalia, nel sud del Paese.
 
Si tratta del primo contratto sottoscritto dopo 40 anni di nazionalizzazione dell’industria energetica irakena, voluta dal partito Baath e dall’ex rais Saddam Hussein. La gara di appalto interessa in totale sei giacimenti petroliferi e due di gas naturale. “Le compagnie hanno accettato il pagamento di due dollari Usa al barile” spiega Hussain al-Shahristani e avranno a disposizione sei anni per arrivare all’estrazione di 2,85 milioni di barili al giorno.
 
Le gare di appalto per gli altri giacimenti petroliferi e di gas naturali non sono andate a buon fine, a causa del mancato accordo fra le aziende partecipanti e il governo irakeno. I due accordi sottoscritti ieri rappresentano comunque un passo significativo per il Paese che, dopo anni di embarghi e sanzioni, apre i rubinetti del petrolio alle compagnie straniere per ricavare denaro da investire nell’opera di ricostruzione.
 
Con i proventi derivati dall’oro nero, sarà infatti possibile ripristinare la finanza nazionale, le scuole, le strade, le abitazioni, gli aeroporti e gli ospedali. Un progetto sostenuto dal premier Nouri al-Maliki, che spiega quanto “questi contratti sono necessari per la ricostruzione dell’Iraq” e vanno a beneficio “degli irakeni e delle compagnie”.
 
Il Ministro irakeno per il petrolio aggiunge infine che l’obiettivo è quota quattro milioni di barili al giorno entro cinque anni, grazie ai quali entrerà nelle casse dello Stato un surplus di 1,7 trilioni di dollari Usa nei prossimi 20 anni.