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Tensione a Urumqi. “Al Qaeda” minaccia la Cina
Un gruppo islamico algerino ha promesso vendetta contro imprese cinesi nell’Africa del nord. Manifestazioni a Jakarta per un jihad contro Pechino. Ayatollah iraniano condanna la soppressione degli uiguri e critica il silenzio del governo di Teheran, amico della Cina.
Urumqi (AsiaNews/Agenzie) – Negozi sprangati e moschee chiuse: così si presenta la capitale dello Xinjiang il giorno dopo l’uccisione di due uiguri da parte di due poliziotti. Intanto alcuni gruppi legati in qualche modo ad Al Qaeda lanciano il Jihad, la guerra santa contro la Cina e promettono di vendicare il sangue degli uiguri contro gli interessi commerciali dei cinesi nel mondo.
Ancora oggi soldati e personale di sicurezza armati di mitraglia e manganelli presidiano alcune strade soprattutto nella zona dove ieri è avvenuta l’uccisione.
La polizia dice che è intervenuta perché tre uiguri stavano assaltando un quarto e alla risposta violenta dei due assalitori, hanno dovuto sparare uccidendone due e ferendone un terzo. Testimoni invece affermano che i tre, uscendo da una moschea, armati di coltelli hanno cercato di attaccare i poliziotti, che hanno risposto facendo fuoco. L’incidente mostra quanto ancora alta sia la tensione nella città, dopo gli scontri interetnici della scorsa settimana, e mostra anche che la polizia non è vista come garante dell’ordine, ma come nemica della comunità uiguri.
I media cinesi, per disinnescare la tensione, continuano a mostrare il grande amore della popolazione verso i soldati e i poliziotti.
La popolazione uiguri, musulmana, soffre da decenni di emarginazione sociale, politica ed economica nella regione ricca di petrolio e gas. La Cina cerca di controllarla con una pesante presenza militare e con l’accusa di terrorismo. In effetti, alcuni gruppi in passato sono stati responsabili di atti di violenza, ma la maggior parte della popolazione chiede solo maggiore autonomia e libertà religiosa. Pechino, per prevenire l’insorgere di fondamentalismo islamico, controlla tutta la vita religiosa degli uiguri.
Di fronte agli scontri della scorsa settimana il mondo islamico ha tenuto in generale un profilo basso. Finora solo gruppi di uiguri e turchi – che hanno stesse radici etniche e linguistiche – hanno manifestato nel mondo contro Pechino.
Secondo la Stirling Assynt, un think-tank per le aziende mondialei, un gruppo islamico algerino, affiliato ad Al Qaeda avrebbe lanciato messaggi in cui si minacciano vendette contro imprese cinesi nell’Africa del nord. Se questo viene confermato, sarebbe la prima volta che la rete di Osama bin Laden si avventa contro la Cina. Secondo la Sterling, minacce contro la Cina e le sue rappresentanze commerciali all’estero stanno crescendo nel mondo jihadista.
Ieri diverse decine di musulmani indonesiani si sono scontrate con le guardie in difesa dell’ambasciata cinese a Jakarta. Essi domandano che il governo indonesiano prenda provvedimenti contro la Cina e hanno gridato slogan per un jihad a favore degli uiguri. Alcuni cartelli riportavano frasi del tipo: “Basta con il genocidio dei musulmani nello Xinjiang”.
Due giorni fa, il grande ayatollah Naser Makarem Shirazi ha condannato le violenze contro gli uiguri e il silenzio del governo iraniano. “È vero – egli ha detto - che il governo cinese ha legami politici ed economici molto stretti con noi e altre Paesi islamici, ma non vi è motivo per loro di sopprimere in modo orribile i nostri fratelli e sorelle musulmani”.