Lotta di potere in Iran: è durato tre giorni il vice-premier voluto da Ahmadinejad
Contro la nomina di Esfandiar Rahim Mashaie si sono scagliati gli ambienti più conservatori e quelli vicini alla Guida suprema Khamenei. Nominato giovedì, si è dimesso ieri. Sostituito anche, senza spiegazioni, il capo dell’organismo nucleare e scelto il nuovo responsabile dell’ufficio politico-ideologico dell’esercito.
Beirut (AsiaNews) – E’ stato in carica tre giorni il primo vice-premier iraniano: ieri fonti di Teheran hanno annunciato che Esfandiar Rahim Mashaie ha dato le dimissioni. Lo aveva nominato giovedì il presidente Mahmoud Ahmadinejad, sollevando un nugolo di proteste degli ambienti più conservatori del Paese. La vicenda cade all’indomani delle dimissioni, ufficialmente non motivate, del capo dell’organismo nucleare iraniano, Gholamreza Aghazadeh – alleato del riformatore Mir Mousavi - e contemporaneamente alla nomina, avvenuta sempre ieri, del nuovo capo dell’ufficio politico-ideologico dell’esercito, compiuta personalmente da Khamenei.
 
L’accaduto appare come una conferma che la lotta all’interno del regime iraniano è ancora in atto, che essa riguarda in primo luogo i reali detentori del potere, ossia gli ayatollah e che sono ben lontane dalla realtà le affermazioni di Ahmadinejad, per il quale il suo nuovo governo “sarà 10 volte più forte” del precedente. La vicenda di Mashaie è altamente significativa. Già vice primo-ministro per il patrimonio culturale, ha una figlia sposata con un figlio di Ahmadinejad. Ma non è stato questo rapporto personale tra i due (insieme nella foto) a sollevare i duri del regime. Contro la sua nomina si sono levate voci molto vicine alla Guida suprema, Ali Khamenei, che hanno anche usato un’affermazione fatta da Mashaie l’anno scorso, quando sostenne che il popolo iraniano era amico di tutti i popoli, compreso quello israeliano. A contestarlo era stato lo stesso Khamenei.
 
Venerdì, appena ufficializzata la sua nomina, il direttore dell’ultraconservatore Kayhan, Hossein Shariatmadari, nominato direttamente dalla Guida suprema, aveva detto che “era imperativo porre fine alla nomina di Mashaie, per rispettare la volontà della maggioranza della popolazione”. Egli aggiungeva di aspettarsi da Ahmadinejad che “riconsideri  la sua decisione”. L’ufficiosa Fars, intanto, riportava le parole di un componente di primo piano dell’Associazione del clero militante, Reza Akrami, per il quale “nei quattro anni trascorsi (al governo, ndr) non ho notato da parte sua comportamenti saggi”. Sabato un’altra agenzia, la Press tv, rendeva noto che la Società islamica dell’unione degli studenti aveva inviato una lettera a Mashaie chiedendogli di dimettersi e che l’hojjatoleslam Hamid Rasaei, membro conservatore del parlamento, aveva dichiarato: “starei molto meglio se questa nomina non fosse stata fatta”. La stessa fonte riferiva l’affermazione di un membro anziano dell’Associazione degli insegnanti di seminario di Qom (città santa iraniana), l’hojjatoleslam Seyyed Mohammad Gharavi, per il quale la nomina era “inappropriata”.
 
Ancora venerdì, l’ex presidente Akbar Hashemi Rafsanjani, guidando a preghiera all’università, è tornato a contestare l’elezione di Ahmadinejad. Rafsanjani è definito un pragmatico e un seppur moderato riformatore, ma non va dimenticato che anch’egli è un membro di primissimo piano tra i religiosi sciiti. Come peraltro lo stesso Mousavi, il candidato “riformatore” che contesta i risultati del voto presidenziale, all’origine delle contestazioni di piazza.
 
E certo non giova al regime la “confessione” di un anonimo carceriere iraniano, riportata dal Jerusalem Post, secondo il quale per superare il divieto della legge islamica di mettere a morte una vergine, se una ragazza è condannate alla pena capitale, la sera prima dell’esecuzione viene “sposata” a uno dei guardiani, e poi da lui violentata. (PD)