Sempre più stretti i rapporti fra Pechino e Timor Est
Dili offre ingenti giacimenti petroliferi e risorse minerarie. La Cina sostiene progetti di sviluppo urbano, alimentare ed economico, mirati a rafforzare i legami fra le due nazioni.
Dili (AsiaNews/Agenzie) – Alla ricerca di petrolio e fonti energetiche per sostenere la crescita economica, Pechino guarda con sempre maggiore interesse a Timor Est. Negli ultimi 10 anni – dall’indipendenza dall’Indonesia nel 1999 – la Cina ha donato più di 53 milioni di dollari in aiuti a Dili. Solo una goccia nel mare, se paragonati ai 760 milioni dell’Australia; il governo cinese, però, non si è limitato agli aiuti umanitari, ma ha avviato progetti di sviluppo urbano, ha risposto alla crisi agricola fornendo 8mila tonnellate di riso e si è sempre mostrata generosa verso il piccolo Stato del Sud-est asiatico.
 
I rapporti fra Cina e Timor Est affondano le radici nei secoli. Più di 500 anni fa i commercianti cinesi di etnia Hakka hanno raggiunto le coste dei timoresi, alla ricerca di legno di legname pregiato; molti di loro sono rimasti, formando una comunità cinese oltremare. Raggiunta l’indipendenza, i rapporti fra Dili e Pechino sono ripresi con rinnovato vigore. Il nuovo palazzo presidenziale e la sede del Ministero degli esteri, regalo del governo cinese, contrastano con edifici e strade diroccate della capitale. Molti palazzi recano scritte in cinese, si moltiplicano i negozianti di elettrodomestici, molte famiglie si riuniscono in preghiera nel tempio di Confucio, in pieno centro.
 
Ora Pechino intende battere cassa, a dispetto delle dichiarazioni ufficiali. L’ambasciatore cinese respinge le speculazioni a sfondo economico e commerciale, avanzate da più fronti. “L’assistenza della Cina a Timor Est – dichiara Fu Yuancong – è piena di sincerità e priva di qualsiasi egoismo” e avanza la proposta per un “progetto di piena cooperazione” al governo del presidente Jose Ramos-Horta.
 
Sul piatto della bilancia vi sono diversi giacimenti petroliferi, in attesa di essere sfruttati. Fonti governative di Timor Est spiegano che il Bayu Udan dovrebbe fruttare fra i 12 e 15 miliardi di dollari entro il 2023. Un altro giacimento, il Kitan, dispone di 40 milioni di barili di petrolio leggero; il Greater Sunrise contiene 300 milioni di barili di condensato ed enormi quantità di gas. Pechino guarda con interesse anche al settore minerario, con giacimenti di rame, oro, argento e marmo da sfruttare.
 
Un problema per i progetti cinesi, resta l’alto livello di corruzione negli ambienti politici e governativi di Timor Est, che ha vanificato gli sforzi della comunità internazionale. Dall’indipendenza, Dili ha ricevuto più di 8,8 miliardi di dollari di aiuti, pari a 8mila dollari pro-capite per la popolazione, che è poco superiore al milione di persone. I fondi internazionali non hanno contribuito allo sviluppo economico, ma hanno finanziato progetti mai nati o interrotti a metà, per cattiva amministrazione e corruzione. Ad ammetterlo, sono gli stessi governatori e politici della nazione.