Profughi irakeni, vita difficile anche nei Paesi di accoglienza
Un rapporto del Minority Rights Group mostra che diversi Paesi di accoglienza stanno rimandando indietro i rifugiati. La mancanza di una politica di integrazione li disperde e li condanna all’estinzione culturale.

Londra (AsiaNews/Mrg) – I rifugiati irakeni nei Paesi vicini e nell’Europa occidentale soffrono di insicurezza e rischiano di perdere la loro identità religiosa e culturale. Un rapporto del Minority Rights Group (Mrg), basato su interviste fatte a profughi lungo tutto il 2008, mostra che i gruppi minoritari iracheni, fuggiti dal loro Paese a causa della persecuzione, si ritrovano in difficoltà in Europa, per l’estrema difficoltà  ricevere l’asilo politico, o sono oggetto di discriminazione. Spesso essi sono costretti al ritorno in patria.

Secondo l’agenzia Onu per i rifugiati, quasi 2 milioni di irakeni sono fuggiti dal loro Paese per le ondate di violenza seguite alla invasione guidata dagli Usa e alla caduta di Saddam Hussein.

Molti di loro – fra il 15 e il 64%, a seconda dei Paesi dove hanno trovato rifugio – appartengono a minoranze religiose quali cristiani, circassi, mandei, shabak, turkmeni, yaziti.

I maggiori Paesi di accoglienza sono la Siria (1,1 milioni); la Giordania (450 mila); il Libano (50 mila); l’Egitto (30 mila); gli Usa (4700); la Svezia (32120).

Carl Soderbergh, membro del Mrg, sottolinea che “molte nazioni europee [fra cui Svezia e Gran Bretagna], stanno rifiutando molte richieste di asilo e riportano in Iraq in modo forzato i profughi, nonostante che gli attacchi sulle  minoranze siano in crescita in alcune aree”.

Giordania e Siria, pur avendo accolto un gran numero di profughi, lasciano molti di essi in una specie di limbo, senza permesso di residenza, né di lavoro. Anche il rilascio dei visti di ingresso è divenuto più difficile dal 2007.

Il rapporto del Mrg mostra le difficoltà che i rifugiati irakeni hanno nella mancanza di una vera e propria politica di integrazione fra i Paesi di accoglienza. Soprattutto minoranze piccole come i mandei o gli shabak, dispersi in moltissime nazioni, rischiano ormai l’estinzione culturale.

Il rapporto è corredato anche di diverse commoventi testimonianze.