Giornalista critica i nostalgici dell’Urss, chiesta la sua espulsione dalla Russia
Alexsandr Podrabinek è minacciato dal movimento giovanile Nashi, considerato vicino a Putin. Il caso è uno dei tanti che rivelano i tentativi di riabilitare la figura di Stalin ed il regime sovietico. Un’operazione che coinvolge il Cremlino e tocca anche la Chiesa ortodossa di Mosca.
Mosca (AsiaNews/Agenzie) - Il giornalista Alexsandr Podrabinek è oggetto di una violenta campagna denigratoria per aver criticato i tentativi in corso in Russia di riabilitare l’epoca sovietica .
 
In luglio ha aperto a Mosca la tavola calda Anti-Soviet, nome scelto dai proprietari con intento scherzoso giocando sulla vicinanza con il più famoso Hotel Soviet, fatto costruire da Stalin nel 1952. Il veterani della II Guerra mondiale hanno ritenuto oltraggiosa la scelta del nome ed hanno chiesto alle autorità l’eliminazione dell’insegna.
 
Il 21 settembre Podrabinek ha pubblicato sul giornale online Yezhednevny Zhurnal un articolo in cui esprimeva la sua perplessità sulla vicenda indicandola come l’ennesimo tentativo di riabilitare l’epoca sovietica.
 
Dopo la pubblicazione dell’articolo, Podrabinek e la redazione di Yezhednevny Zhurnal hanno ricevuto minacce telefoniche da parte del movimento giovanile Nashi, considerato vicino a Putin. Scesi in campo per “difendere l’onore dei veterani”, hanno manifestato sotto la casa del giornalista, messo on-line il suo indirizzo privato e chiesto la sua espulsione della Russia.
 
Il caso Podrabinek è uno dei tanti segni rivelatori dei tentativi in atto in Russia di riabilitare la figura di Stalin ed il regime sovietico.  Secondo diversi commentatori russi, questa operazione porta la firma del governo. Il 19 maggio scorso il presidente Dmitrij Medvedev ha istituito una Commissione contro “i tentativi di falsificare la sto­ria a danno degli interessi della Rus­sia”. Il principale oggetto del lavoro del nuovo organismo è la Seconda guerra mondiale che a Mosca è chiamata Grande guerra patriottica. Ma non pochi giornali hanno accolto la Commissione e le opinioni dei suoi sostenitori con forte scetticismo. Vremja No­vostej e The New Times hanno lamentato i “tentativi di proclamare Stalin ‘un efficiente manager’”.
 
Anche la Chiesa ortodossa si dibatte nella polemica. Il fatto più eclatante è legato alla recente pubblicazione del libro di padre Georgij Mitrofanov, Tragedia della Russia nel XX secolo. Il volume affronta, tra l’altro, la controversa figura del generale Andrej Vlasov, prima fedelissimo di Stalin, poi promotore di un armata di volontari alleata coi nazisti contro Mosca. La memoria di Vlasov ha creato non pochi imbarazzi per il Sinodo della Chiesa ortodossa russa all’estero ed il Patriarcato di Mosca. I primi hanno definito il generale “un simbolo della resistenza al bolscevismo ateo in nome della rinascita della Russia storica”, Mosca ha preso le distanze dalla dichiarazioni della Chiesa all’estero mostrandosi però poco compatta al suo interno.
 
Il maquillage sulla figura di Stalin e l’epoca sovietica fa il paio con il tentativo dei poteri della Federazione di recuperare anche l’identità culturale del Paese, un’operazione impossibile senza il coinvolgimento dell’ortodossia. Il Patriarcato di Mosca, anche suo malgrado, è molto esposto su questo fronte. Spesso viene accusato di fare il gioco del Cremlino per guadagnare la supremazia culturale nella società russa.
 
Aleksandr Cipko, filosofo ed editorialista, il 15 settembre scorso denunciava dalle pagine di Nezavisimaja gazeta i rischi di questa operazione per rinverdire il mito della supremazia russa sull’occidente. Per Cipko il rischio è di arrivare ad identificare Stalin con l’incarnazione dell’originario progetto russo, e non comunista. Il filosofo se la prende con i sedicenti “veri patrioti” che “non solo avvicinano, ma addirittura identificano russicità, ortodossia e stalinismo, e estromettono libertà, dignità, persona, benessere materiale dai cosiddetti ‘valori fondamentali russi’”.