Rebiya Kadeer accusa: “La Fiera del Libro di Francoforte non doveva onorare Pechino”
Secondo la leader uiguri in esilio, la Cina non ha imparato la lezione delle Olimpiadi e continua a violare i diritti umani. Secondo il governo cinese, invece, è lei ad aver fomentato le rivolte di luglio.

Pechino (AsiaNews/Agenzie) – La Fiera del Libro di Francoforte “ha commesso un grosso errore quando ha invitato la Cina come ospite d’onore. Non è giusto dare tanto rilievo a un Paese con così poco rispetto per i diritti umani”. Lo ha dichiarato ieri - ultimo giorno di Fiera - la dissidente Rebiyia Kadeer, la leader degli uiguri che vive da due anni in esilio negli Stati Uniti. Secondo la presidente del Congresso mondiale degli uiguri “è semplicemente sbagliato dare il benvenuto a una nazione che, all’ordine del giorno, emette sentenze di morte e calpesta i diritti umani”.

 La Kadeer sottolinea inoltre come, prima delle Olimpiadi dell’estate 2008, “il mondo pensava che la Cina sarebbe stata costretta a cambiare il suo atteggiamento riguardo a queste ingiustizie. Ponendo l’attenzione globale sul Paese, si sperava di cambiarlo. Così non è stato, e la Fiera – invece di imparare da quella lezione – ha commesso lo stesso errore. Ma quello che è successo lo scorso luglio nel Xinjiang dimostra senza ombra di dubbio come Pechino consideri i suoi cittadini e i loro diritti”.

 Il riferimento è agli scontri etnici scoppiati nella provincia settentrionale il 5 luglio, quando sono morte circa 200 persone, con migliaia di arresti fra gli uiguri coinvolti in manifestazioni e proteste anti-cinesi. Secondo il governo di Pechino, è stata la stessa Kadeer a orchestrare le violenze: un editoriale apparso ieri sul governativo Quotidiano del Popolo, afferma che “il Congresso mondiale degli uiguri e la sua leader hanno usato internet per istigare e sostenere le proteste di Urumqi. Non hanno avuto alcuno scrupolo nel mandare la gente a morire”. Le accuse sono contenute anche nell’atteso rapporto ufficiale sulle cause delle violenze, che il governo cinese ha presentato due giorni fa.

 A seguito di quegli scontri, Pechino ha arrestato e processato sino ad ora 21 persone: di queste, 12 sono state condannate a morte dai Tribunali del popolo. Diverse Organizzazioni non governative hanno accusato il sistema penale di violazioni dei diritti umani degli accusati. Ieri, un’anonima autorità legale del Paese ha risposto: “Tutti i procedimenti si sono svolti secondo la nostra Costituzione e le nostre leggi. L’indipendenza del sistema giudiziario è il cuore del nostro sistema: i governi stranieri e le Ong non hanno alcun diritto ad intervenire”.