New Delhi (AsiaNews) – I commenti cinesi sulla visita del Dalai Lama allo Stato indiano dell’Arunachal Pradesh “non vanno neanche presi sul serio. Dimostrano soltanto il nervosismo di Pechino, che nasce da una mancanza di legittimazione su quel territorio e costringe i suoi leader a creare accuse false e prefabbricate”. Lo dice ad AsiaNews il primo ministro tibetano in esilio Samdhong Rinpoche, che commenta le reazioni ufficiali del governo cinese alla visita del prossimo 8 novembre del leader tibetano nello Stato di confine.
Il quotidiano governativo China Daily, parlando della visita del Dalai Lama, ha scritto: “Spesso, quella persona mente e si impegna in azioni tese a danneggiar le relazioni della Cina con gli altri Paesi”. Il portavoce del ministero degli Esteri di Pechino Ma Zhaoxu ha aggiunto ieri: “Abbiamo espresso le nostri preoccupazioni al governo indiano. Crediamo che questo episodio dimostri, ancora una volta, l’anima anti-cinese del Dalai Lama. Ci opponiamo alla sua visita in una regione di confine: è un atto separatista”.
Alle proteste ha risposto in prima persona il primo ministro indiano, Manmohan Singh, che ha detto: “Ho spiegato direttamente al premier cinese Wen Jiabao che il Dalai Lama è un nostro onorato ospite. È un leader religioso. Inoltre, noi non permettiamo ai rifugiati tibetani sul nostro territorio di praticare attività politica”. Dal 1949, dopo la presa di potere di Mao Zedong e l’invasione del Tibet, il Dalai Lama e il suo governo sono rifugiati nella città indiana di Dharamsala. L’Arunachal Pradesh, inoltre, è uno Stato che per decenni è stato al centro di scontri fra i due Paesi. Pechino ha per molto tempo sostenuto che debba ricadere sotto la propria giurisdizione.
Secondo Rinpoche, inoltre, “questa è la quinta visita del nostro leader nello Stato in questione. Anzi la sesta, se contiamo il periodo che ha passato lì mentre andava verso Dharamsala. Si tratta di una visita di routine, in programma da molto tempo. Il Dalai Lama deve inaugurare un ospedale, e la popolazione di quello Stato è desiderosa di avere una dharshan [una benedizione] da parte sua. È un viaggio di chiaro stampo religioso, non politico”.
Interrogato sulla repressione del Xinjiang, il primo ministro tibetano aggiunge: “I cinesi non sanno fare altro se non usare misure repressive contro le minoranze. Cercano di controllarle in questo modo, ma lo spirito umano reagisce davanti a queste cose. Bisogna notare però che Pechino sta intensificando la sua brutalità e repressione. È preoccupante che il mondo rimanga in silenzio mentre le libertà umane vengono calpestate e i diritti umani violati. Siamo testimoni dell’emergere di un nuovo mondo, dominato dalla violenza e dall’economia a danno dei valori e della dignità della persona”.
In ogni caso, questa mattina il direttore generale del Ministero degli esteri di New Delhi, Nirupama Rao ha sottolineato: “Le relazioni tra India e Cina non hanno subito tensioni. La posizione del governo indiano è molto chiara, dal momento che non considera il Dalai un prigioniero politico ma un ospite libero di muoversi nel Paese e fuori come vuole. Anche perché non indulge in attività politiche”.