Le suore di Vinh Long, vogliamo che siano rispettate giustizia e verità
Parla la superiora del convento distrutto. Ci sono voluti 28 anni per conoscere i motivi del sequestro dell’edificio, della dispersione di orfani e handicappati e degli arresti delle suore. Le autorità ora propongono un terreno in periferie, ma loro vogliono che sia riconosciuto che non hanno mai violato la legge.
Hanoi (AsiaNews/EdA) – Vogliono una soluzione “basata sulla verità”, che riconosca “la giustizia” e che loro non hanno mai violato la legge. Per questo le suore di San Paolo di Chartres non accettano la soluzione proposta dalle autorità di Vinh Long, nel sud del Vietnam, di ricostruire altrove il loro convento, illegalmente, a loro avviso, preso e distrutto per realizzare una piazza e un giardino pubblico. E’ quanto afferma la superiora provinciale della congregazione religiosa, suor Patrick de la Croix Huynh Thi Bich Ngoc, in una intervista pubblicata sul sito dell’episcopato vietnamita, della quale dà notizia Eglises d’Asie.
 
Suor Patrick de la Croix Huynh Thi Bich Ngoc ricorda tra l’altro che due suore della congregazione sono giunte per la prima volta in Vietnam nel 1860 e a Vinh Long nel 1871. Nel 1874 “hanno comprato un terreno per stabilirvi il loro convento”. Esso si trovava a via Nguyên Truong Tô, (oggi via Tô Thi Huynh), al numero 3. Nel 1977 si trattava di un terreno di 10.235 metri quadrati. “Conserviamo ancora i documento relativi all’acquisto del terreno e alla costruzione del convento. Tutto è perfettamente in regola dal punto di vista giuridico”.
 
“Dal 1871 al 1977 – ricorda ancora la suora, rispondendo a una domanda – durante più di 100 anni, nella regione delle sei province in generale e, particolarmente, a Vinh Long le nostre suore si sono consacrate ad azioni caritative, come l’educazione dei bambini, la cura dei malati, l’assistenza agli sfortunati… Nel corso di numerosi decenni, prima del 1975, il nostro convento a Vinh Long ha aperto le sue porte per accogliere, nutrire ed eduare gli orfani. Questa azione caritativa e sociale, condotta quotidianamente, aveva suscitato una corrente di simpatia nella società locale”. Ma, dopo l’unificazine del Paese, e “più precisamente il 7 settembre 1977, la Sicurezza della città di Vinh Long e della provincia del Mekong”, hanno preso il nostro convento. Ci fu “la dispersioe dei bambini orfani e handicappati, la confisca della totalità dei beni del monastero, l’arresto di tutte le religiose, il loro internamento in una classe della scuola San Paolo”. Un mese più tardi furono liberate 17 suore, “che furono costrette a ritornare nei loro villaggi natali. Quanto alla responsabile del convento, suor Lê Thi Trach, fu condotta alla sede della Sicurezza, ove fu tenuta per due mesi e in seguito costretta ad andare a vivere nella casa provinciale”, a My Tho. Il tutto, senza “aver mai ricevuto un qualunque documento legale che ci informasse degli articoli del Codice penale che avevamo violato per essere sottoposte a una tale sanzione, la dissoluzione della nostra comunità”.
 
Le suore hanno dovuto attendere 28 anni, fino al 2005, per riuscire a sapere le motivazioni dell’azione dell Sicurezza. Il 27 agosto di quell’anno hanno così avuto la decisione “1958/QD.UBT” del 6 settembre 1977, nella quale si affermava che “visto che l’orfanotrofio di via Nguyên Truong Tô è una istituzione sociale appartenente a una congregazioone religiosa straniera, che è stato costruito grazie a risorse finanziarie provenienti dall’estero, che è un luogo destinato a formare giovani disgraziati per creare forze che si oppongono alla rivoluzione e alla liberazione nazionale del popolo vietnamita…”
 
In seguito a tale decisione, il convento era divenuto un ospedale della provincia di Vinh Long, ora diverrà una piazza. Ma “prima che non fosse deciso di realizzarvi una piazza pubblica, la provincia aveva autorizzato l’agenzia turistica Saigon-Vinh Long a costruirvi un albergo. Il progetto prevedeva che fosse una realizzazione di lusso a quattro stelle".
 
Poi, il 12 dicembre 2008, il Comitato popolare ha dichiarato che “in seguito agli sconvolgimenti intervenuti nei prezzi dei materiali da costruzione” è stata decisa la realizzazione della piazza e del giardino.
 Nel frattempo, nel corso degli ultimi sette anni, le suore si sono rivolte “a tutte le istanze del potere”, alle associazioni popolari, “nel quadro della legaliztà della Repubblica socialista del Vietnam”, a giornalisti e personalità, per chiedere alle autorità la restituzione del convento.
 
Nel 2007 è arrivata la risposta del Ministero delle costruzioni, per il quale “il reclamo del terreno e delle proprietà della Congregazione di San Paolo di Chartres a My Tho non può essere soddisfatta”.
 
“Per ciò che riguarda le autorità di Vinh Long, nel 2006 il Comitato popolare ha proposto una indennità di 1.500.000 dong (57mila euro) e un terreno di circa tremila metri quadrati alla periferia della città. Recentemente, la provincia ci ha chiesto, nel caso in cui l’assistenza proposta non rispondesse ai bisogni della congregazione, di presentare un progetto di costruzione, perché lo esaminino".
 
Le suore “non sono d’accordo”. “Noi vogliamo che tutte le soluzioni siano fondate sulla verità. Quale che sia la soluzione, se non garantisce che la verità sia restaurata non potrà essere ritenuta una soluzione corretta”. “Noi – spiega la superiora – vogliamo che siano riconosciute la giustizia e il buon diritto. Il che significa che dobbiamo tornare ai fatti del 1977. Allora, non abbiamo violato la legge. Oggi tutti i tipi di soluzioni presentate suppongono che abbiamo violato la legge e che la nostra proprietà fa parte del campo dei terreni ‘colpiti dalla riforma’. Accettare un semplice cambiamento di terreno sarebbe riconoscere che oggi beneficiamo di un favore. Noi non abbiamo commesso infrazioni. Dobbiamo tornare al nostro convento”. “La verità è che numerose generazioni di suore vi hanno vissuto la loro vita religiosa, durante più di un secolo”. Per cui “continueremo a far sentire le nostre lamentele”.