Kathmandu sotto lo scacco dei maoisti. I nemici si rivolgono a India e Cina
di Kalpit Parajuli
Ultimo giorno delle manifestazioni davanti allo Singhadarbar, principale centro amministrativo del Paese. I maoisti annunciano “un programma di proteste a livello nazionale”. Il ministro degli interni andrà a New Delhi per rafforzare la cooperazione con l’India in chiave anti-maoista. Negli stessi giorni il capo dei ribelli è atteso a Pechino.

Kathmandu (AsiaNews) – Terminano oggi le proteste dei maoisti nepalesi che da due giorni stanno paralizzando l’attività del governo di Kathmandu. La seconda fase del cosiddetto “III movimento popolare” ha visto la partecipazione di oltre 150mila persone tra ex-guerriglieri, parlamentari e militanti del United Communist Party of Nepal-Maoist (Ucpn-M), raccolti attorno allo Singhadarbar, il principale centro amministrativo del Paese.

La polizia rimane schierata in forze per le vie della capitale con oltre 2mila agenti antisommossa pronti ad intervenire. Fonti locali riportano che davanti ai posti di blocco si vedono anche attori, poeti e volti famosi dello spettacolo che ballano e cantano insieme ai contestatori.

A capo dei manifestanti vi sono i leader storici del partito maoista tra cui l’ex premier Prachanda, Baburam Bhattarai e Mohan Baidhya. Quest’ultimo, interpellato da AsiaNews afferma: “Daremo vita ad un programma di proteste a livello nazionale se il governo non darà ascolto alla nostra manifestazione pacifica”.

Arringando la folla, Prachanda ha detto: “Oggi tutta Kathmandu è con i maoisti, ma il governo non ci vuole ascoltare”. L’ex premier è tornato anche sulla polemica tra l’esecutivo in carica e Ban Ki Moon, che all’inizio di novembre si è detto preoccupato per lo stallo del processo di pace. Mentre il governo accusa il Segretario generale dell’Onu di interferire in questioni interne, Prachanda accusa esecutivo e presidente di ostacolare la ripresa del Paese e la restaurazione della “supremazia della società civile”.

Il Nepal vive una profonda crisi economica aggravata anche dai cinque mesi di proteste organizzate nel Paese dai militanti dell’Ucpn-M, dal sindacato e gruppi giovanili del movimento maoista. Il premier, i ministri, gli impiegati pubblici e le forze dell’ordine non ricevono stipendi da due mesi.

Il governo di unità nazionale, nato a maggio dopo le dimissioni di Prachanda, è in costante allerta per il rischio di un ritorno alle armi degli ex-ribelli e non riesce a trovare una via di uscita, eccetto quella di “una guerra fredda” con i maoisti.

In questa situazione, Kathmandu cerca di stringere i rapporti in chiave anti-maoista con il governo indiano. Il 17 novembre Bhim Rawal, ministro degli interni nepalese, è atteso a New Delhi per una visita di tre giorni in cui incontrerà la sua controparte indiana, P. Chidambaram.  Rawal offre piena collaborazione all’India per controllare i confini aperti tra i due Paesi. 

Negli stessi giorni l’Ucpn-M invierà a Pechino Nanda Kishore Pun Pasang, nuovo capo della guerriglia maoista, per consultazioni con i leader del Partito comunista cinese.