La rete insanguinata dei maoisti indiani
di CT Nilesh
Continui attentati dei ribelli nassaliti negli Stati indiani del cosiddetto “corridoio rosso”. Lo sfruttamento delle rivendicazioni di tribali e contadini, la scontro con il Communist Party Marxist che governa il West Bengala, i legami con i ribelli nepalesi. I maoisti indiani proseguono nel braccio di ferro con New Delhi e non mollano la presa sui13 dei 28 Stati in cui sono presenti.
Mumbai (AsiaNews) - Nella notte del 24 novembre scorso un gruppo di 55 ribelli maoisti ha fatto saltare in aria con la dinamite un ufficio governativo a Kharakpur, nel distretto di Munger Stato del Bihar. È l’ennesimo attentato messo a segno dai ribelli lungo il cosiddetto “corridoio rosso” che attraversa gli Stati di Maharashtra, Andhra Pradesh, Chhattisgarh, Orissa, Jharkhand, Bihar e West Bengala.
 
I maoisti sono diffusi in 13 dei 28 Stati dell’India e sono considerati la più grave minaccia alla sicurezza interna del Paese. L’epicentro storico e strategico del terremoto rosso che da decenni attraversa l’India è il West Bengala. Nello Stato al confine con il Bangldesh il Communist Party Marxist (Cpm) è al governo da 32 anni ed è diventato il simbolo del potere. L’opposizione è stata così monopolizzata dai maoisti ben radicati nei villaggi tribali e nelle foreste.
 
L’opposizione legale, naturalmente, è rappresentata dal Congress Party di Sonia Gandhi e dal Trinamul Congress della signora Mamata Banerjee, ma i maoisti si sono appropriati della difesa dei tribali più poveri e indigenti usando molto spesso la violenza armata. Dal novembre 2007 ben 69 iscritti al Cpm e 10 altri contadini sono stati uccisi nel solo distretto di West Midnapore. Nel giugno scorso i maoisti hanno conquistato la stazione di polizia di Lalgarh ed hanno tenuto occupata la cittadina per alcuni giorni. Il governo dello Stato ha richiesto l’aiuto di 50 reparti della Central Reserve Police Force (CRPF), ma il governo centrale ne ha concesse solo 11 (vedi AsiaNews, 23/06/2009, “India: i ribelli maoisti chiedono una tregua all’avanzata dei militari nel West Bengala”).
 
Non passa settimana senza notizie di qualche imboscata dei Maoisti. Il 20 novembre i maoisti hanno minacciato di uccidere familiari dei ministri del Bihar perché i poliziotti dello Stato angariavano i familiari del capo maoista, Arvind Kumar. Lo stesso giorno i maoisti hanno fatto saltare la linea ferroviaria vicino alla stazione di Goelkera ed il treno che da Tata va a Bilaspur ha deragliato.
 
Il movimento nassalita ha avuto inizio negli anni sessanta quando Majumdar e Kanu Sayal del Partito Comunista Indiano (marxista) ispirati da Mao Zedong, hanno diretto una violenta insurrezione dei santhal nel villaggio Naxalbari in West Bengal. Nel 1969 fu fondato il Communist Party of India (Marxist-Leninist). La storia del partito comunista in India è passata attraverso un frazionamento che ha prodotto tre partiti comunisti esistenti in contemporane. Quando nel 1977 il Congress Party ha perso il controllo del governo centrale a New Delhi il partito comunista ha conquistato il governo del West Bengala a Calcutta ed è rimasto al potere fino ad oggi.
Per 25 anni la mitica figura di Jyoti Basu ha tenuto le redini del potere, ma il suo stile di governo è cambiato in continuazione. Quando in Cina Deng Xiaoping abbracciò con successo il sistema capitalistico di sviluppo, anche il governo del West Bengala lo ha seguito, ma i più poveri si sono sentiti traditi e si sono riorganizzati nella giungla.
 
Dopo Jyoti Basu è venuto Buddhadeb Bhattacharjee che ha dato mano libera a molte compagnie industriali ed ha lasciato espropriare fertili terreni agricoli per costruire fabbriche alienandosi così i contadini. “Calcutta insegue Shangai” ha scritto Federico Rampini. E questo è stato il momento in cui sono entrati in scena i maoisti organizzando la resistenza dei contadini contro l’esproprio a Singur e a Nandigram. Anche i Tata hanno dovuto ritirarsi e spostare la fabbrica della Nano nello stato del Gujarat. Questo successo ha incoraggiato i maoisti che hanno moltiplicato i loro attacchi.
 
Ma la presenza dei Maoisti non è confinata allo stato del West Bengal. Il “corridoio rosso” taglia l’India dal nord al sud cominciando in Nepal, attraverso West Bengala, Bihar, Jharkhand, Chhattisgarh, Orissa, Maharashtra occidentale fino all’Andhra Pradesh nel sud. Essi sistemano i loro campi sui confini, così che possono facilmente sfuggire la polizia di uno Stato passando il confine. Recentemente sulla stampa sono apparse notizie che attribuiscono il rifornimento di armi al Nepal, al Bangladesh e alla Cina. Almeno una trentina di gruppi sono attivi nel paese con un numero totale di 50mila aderenti. Ma esistono differenze nel modo di concepire la rivoluzione che spesso producono sanguinose battaglie. Molti gruppi sono accusati di sequestri di terreni e di estorsioni.
 
Nel 2004 il Maoist Communist Centre si è unito al People’s War per formare il Communist Party of India (Maoist) che è ora il gruppo armato più numeroso che sfida la stessa esistenza dello Stato indiano. Si pensa che circa 20mila persone siano armate e tengano sotto controllo un quinto delle foreste indiane. Sono attivi in 165 dei 604 distretti esistenti. Il governo centrale si trova in una difficile situazione poiché i governi locali chiedono rinforzi di polizia ed anche l’intervento dell’esercito per la ricognizione aerea. Gli elicotteri sono vulnerabili anche da piccole armi, ma il governo centrale non vuole che rispondano al fuoco.
 
Il governo centrale dà completa assistenza al governo di sinistra del Bengala per combattere il terrorismo dei maoisti, ma questo può suscitare tensione tra il partito del Congresso ed il suo alleato della UPA, il Trinamul Congress, poiché Mamata Banerjee che lo dirige vorrebbe iniziare un dialogo con la brigata rossa dei maoisti. Ma il ministro degli interni, Chidambaram ed il primo ministro bengalese Bhattacharjee sono d’accordo nel dire che non ci sarà dialogo se i maoisti non depongono le armi ed accettano la Costituzione. Bhattacharjee anzi ha chiesto al centro d’iniziare operazioni militari anche nel vicino Jharkhand dove i maoisti bengalesi si nascondono per ritornare alla prima occasione. Ma il governo centrale non può intervenire se non è richiesto dal governo locale.
 
Purtroppo solo un giorno dopo un duro discorso di Chidambaram dell’8 ottobre, i maoisti hanno ucciso 17 poliziotti a Laheri, nel distretto di Gadghiroli nel vicino stato del Maharashtra, solo 18 km oltre il confine. Sempre nel Maharashtra, all’inizio di quest’anno 15 poliziotti sono stati uccisi nel villaggio di Maekegaon ed altri 16, incluse 5 donne, nel villaggio di Hattigota sempre nel distretto di Gadchiroli. Secondo informazioni i maoisti avrebbero più di 300 uomini armati compresi reparti mobili che si sono spostati recentemente dal Chattisgarh. La polizia afferma che tra gli assalitori molti provengono del Nepal e sono forniti di armi moderne e molte munizioni. In due giorni i maoisti hanno compiuto tre attacchi. Oltre a Laheri, hanno incendiato un edificio del gram panchayat (amministrazione locale) in Irupdhori ed ucciso un contadino, Suresh Halami, sospettato di essere una spia della polizia. Questi tre attacchi hanno distrutto il morale della polizia distrettuale.
 
I maoisti sono molto vendicativi con le spie. Il 5 ottobre hanno giustiziato, decapitandolo in stile talebano, Francio Indwar, ispettore della sezione speciale di polizia, ed hanno gettato il corpo in una strada secondaria della National Highway 33 che collega Patna con Jamshedpur a 20 km da Ranchi. L’ispettore era stato sequestrato alcuni giorni prima, tenuto ostaggio, proponendo un scambio di prigionieri. In cambio chiedevano la liberazione di Kobad Ghandy, un teorico della guerra maoista imprigionato a New Delhi, di Chhatradhar Mahato, imprigionato a Kolkata e di un altro capo, Chandrabhusan Yadav.
 
Il 21 settembre i maoisti hanno sferrato un attacco all’ufficio del partito comunista marxista del villaggio di Enayetpur, 15 Km da Midnapore, scatenando una battaglia che ha lasciato 15 morti. Testimoni dicono che almeno 10mila tribali hanno preso parte all’assalto.
Andando indietro nel tempo la lista di attacchi si allunga: il 12 luglio, 23 poliziotti, incluso un DSP, sono stati uccisi nel villaggio di Rajnandgaon nello stato di Chhattisgarh; il 22 maggio, 16 poliziotti uccisi in Gadchiroli; il 1 febbraio un convoglio di poliziotti per investigare un incendio doloso a Dhanora, Gadchiroli, sono finiti in un agguato e 15 sono stati uccisi; il 29 giugno 2008, 28 del corpo speciale Greyhounds sono stati uccisi a Malkhangiri nello stato dell’Orissa.
 
Naturalmente ci sono state anche operazioni di polizia riuscite contro i maoisti. Il 16 settembre otto maoisti sono stati uccisi ed una fabbrica d’armi distrutta in Chinta Gufa nel distretto di Dantewada nello stato di Chhattisgarh. Si tratta di una vera guerra non dichiarata con successi e sconfitte da ambo le parti.
 
Anche sulla scena politica accuse e contraccuse si alternano. Il leader del Trinamul Congress, Mamata Banerjee, accusata di essere simpatizzante dei maoisti, ha ritorto l’accusa dicendo che i maoisti ed i marxisti che sono al governo sono due facce della stessa moneta e che lavorano assieme. La sua accusa è arrivata il giorno dopo che il primo ministro Buddhadeb Bhattacharjee le aveva chiesto di “tagliare i legami con i ribelli”. Anche il patriarca del Cpm, Jyoti Basu, ha fatto eco alle sue parole dicendo che il Trinamul collabora coi maoisti spargendo violenza nello Stato. “Ogni giorno i nostri tesserati sono uccisi. Le sedi del nostro partito sono incendiate. Il Trinamul Congress ed i maoisti lo fanno assieme. Prendono la legge nelle loro mani” ha detto Basu.
 
All’inizio di novembre, dopo averlo negato per mesi, i maoisti nepalesi hanno ammesso di dare “appoggio completo e cooperazione” ai nassaliti in India. CP Gajurel, autorevole membro del comitato centrale dell’Unified Communist Party of Nepal Maoist (Ucpn-M), ha affermato ad un quotidiano: “Noi abbiamo dato appoggio completo e cooperazione ai maoisti indiani che stanno conducendo una rivolta armata”. Lo stesso giornale ha riferito che un capo maoista aveva incontrato il capo indiano Kishenji in una località segreta in ottobre.
 
Per affrontare la minaccia maoista il governo di sinistra del Bengala sta pianificando di spendere 16 miliardi di rupie, pari a quasi 230milioni di euro, in opere di sviluppo nei tre distretti infestati da maoisti del West Midnapore, Bankura e Purulia. All’inizio di novembre il primo ministro Buddhadeb Bhattacharjee ha fatto una visita a Jangalmahal nel distretto di Midnapore. I maoisti, sfidando sfacciatamente il grande dispiegamento di polizia per la visita del primo ministro, 30 minuti dopo che era partito, a 50 km dalla città di Midnapore, hanno attaccato una pattuglia della polizia uccidendo quattro agenti. Testimoni oculari dicono che hanno aperto il fuoco con AK-47, hanno rubato le armi dai veicoli e se ne sono andati indisturbati.
 
Il 27 ottobre, militanti tribali, appoggiati dai maoisti armati, sotto il nome di People Committee against Police Atrocity (Pcpa) hanno sequestrato il Bhubaneswar-Delhi Rajdhani Express nel distretto di West Midnapore e solo dopo cinque ore le forze dell’ordine hanno potuto liberare gli ostaggi. Le ferrovie sono un obiettivo molto vulnerabile.
 
Lo scandalo è che in queste zone dove la rivolta maoista è attiva, come nel Bengala, i governi locali sembrano solo interessati ad arricchire gli appartenenti al proprio partito dimenticando il resto della popolazione. Nel vicino Chhattisgarh uno scandalo scoppiato recentemente ha rivelato che Madhu Koda, un tribale che è stato recentemente primo ministro, in quattro anni ha aumentato la sua ricchezza da 20mila euro dichiarati nel 2005, a 60 milioni di euro stimati dalle agenzie che stanno indagando, con investimenti in tutti i paradisi fiscali del mondo. Corruzione e atrocità della polizia sembrano le vere cause della rivolta.