Riyadh, condannato alla decapitazione per stregoneria
Lo denuncia Human Rights Watch, che chiede l’annullamento della sentenza. Ogni anno nel regno saudita vengono comminate dozzine di condanne per atti contrari alla shariah.
Riyadh (AsiaNews/Agenzie) – Il governo saudita deve annullare la sentenza di condanna a morte per un cittadino libanese accusato di praticare la “stregoneria”. È l’appello lanciato dagli attivisti di Human Rights Watch (Hrw), che denunciano l’uso crescente di un capo di imputazione “vago e ambiguo” per arresti e detenzioni arbitrarie nel Regno.
 
In un documento pubblicato da Hrw emergono le crescenti proteste verso il sistema penale saudita che, basato sulla legge islamica, lascia ampio margine di discrezionalità ai giudici. In molti casi le denunce si trasformano in sentenze di condanna, prive di alcun fondamento giuridico e legale. La discrezionalità dell’organo giudicante si manifesta sia nella valutazione della fondatezza dell’accusa, sia nella pena erogata.
 
Il caso di Ali Sibat, 46 enne cittadino libanese, famoso per le sue “predizioni” trasmesse su un canale satellitare, è emblematico. Nel maggio 2008 la polizia religiosa saudita lo ha arrestato nella città santa di Medina, durante un pellegrinaggio ai luoghi sacri dell’islam. Il 9 di novembre il giudice ha emesso la sentenza: condanna a morte per decapitazione.
 
May al-Khansa, legale del cittadino libanese, spiega che il suo assistito è “l’indovino più famoso del canale” e quando appare in tv “il numero delle chiamate, che provengono da tutti i Paesi del Golfo, aumenta in modo vertiginoso”. Le autorità avevano promesso il rilascio e il ritorno in Libano – dove gli astrologi sono liberi di esercitare – in caso di confessione.  
 
Il cittadino libanese è solo una delle dozzine di persone arrestate ogni anno nel Regno, con l’accusa di esercitare la stregoneria, l’arte della divinazione, magia nera e predire il futuro. Queste pratiche sono considerate atti di politeismo e vengono punite con severità secondo i dettami della shariah.
 
Il rapporto di Hrw riferisce il caso di Mustafa Ibhrahim, che risale al 2 novembre 2007. Farmacista egiziano, l’uomo è stato giustiziato a Riyadh perché colpevole di “stregoneria”; egli avrebbe cercato di separare una coppia sposata.
 
Nell’ottobre del 2006 il tribunale penale di Jeddah ha incriminato un cittadino eritreo perché “ciarlatano”. Le accuse si fondavano sul ritrovamento di una rubrica telefonica scritta in alfabeto Tigrinya. Egli è stato condannato a 20 mesi di prigione e 300 frustate. È stato rilasciato ed espulso dopo aver scontato un periodo di carcere doppio rispetto alla pena comminata.