Teheran dà il via a 10 nuovi impianti di arricchimento per l’uranio
Il parlamento iraniano chiede al governo di ridurre la cooperazione con l’Onu. Intanto cresce la resistenza interna e i timori per un attacco israeliano. L’Iran, quinto esportatore di petrolio, costretto ad aumentare le importazioni di benzina e gasolio.

Teheran (AsiaNews) – L’Iran torna a sfidare l’Occidente e si prepara ad affrontare rischi sempre più consistenti di una guerra o di nuove sanzioni economiche. Ieri il governo ha approvato un piano per costruire 10 nuovi siti per l'arricchimento dell'uranio, che avranno le stesse dimensioni dell'impianto di Natanz. L’emittente di Stato Irib ha specificato che l'Organizzazione iraniana per l’agenzia atomica ha ricevuto l’ordine di cominciare i lavori entro due mesi. Come se non bastasse l'Iran potrebbe decidere di arricchire da solo il suo uranio per produrre il combustibile necessario ad alimentare un reattore “con finalità mediche”. Lo ha annunciato il presidente Ahmadinejad, aggiungendo che il progetto sarà discusso nella prossima riunione del governo, in programma il 2 dicembre prossimo.

Già nella mattinata di ieri - in una mossa destinata a minare i già tesi rapporti con le potenze mondiali - il Parlamento iraniano aveva chiesto al governo di ridurre la cooperazione con l'Agenzia Onu per il nucleare (Aiea) dopo che quest'ultima ha votato una risoluzione (con il raro appoggio di Cina e Russia) che rimprovera l'Iran per aver costruito in segreto un impianto per l'arricchimento dell'uranio.

Ma dietro le provocazioni del regime islamico, si celano nervosismo e insicurezza. Oltre al diffuso malcontento popolare (le manifestazioni vanno avanti ogni settimana a Teheran e nelle principali città del Paese), i mullah iraniani vedono ormai avvicinarsi un attacco israeliano ai loro siti nucleari, come pure le sanzioni della comunità internazionale che darebbero un duro colpo a un’economia già in ginocchio. Di recente perfino il capo uscente dell’Aiea, El Baradei (favorevole da sempre al dialogo), si è detto convinto che continuando così l’unica strada percorribile sarà quella delle sanzioni.

E mentre sul fronte interno, il regime ricorre al manganello e alla tortura, sul fronte estero si sta dando da fare per stringere alleanze che lo mettano al riparo da un eventuale isolamento diplomatico. E non solo. Si spiega così l’attivismo delle ultime settimane del falco Ahmadinejad in Sud America e Africa. Avendo già dalla sua il sostegno del Venezuela di Chavez, porta a casa anche l’appoggio del Brasile di Lula, favorevole al diritto dell'Iran a sviluppare un programma nucleare e lavora su future partnership con Bolivia, Gambia e Senegal.  

Allo stesso tempo il presidente iraniano fa scorta di benzina e diesel. È di ieri la notizia che la Repubblica islamica aumenterà le importazioni di carburante del 27% entro metà marzo. Nonostante sia il quinto esportatore mondiale di petrolio, a causa dell’insufficienza di impianti di raffineria, l’Iran è costretto a importare il 40% del fabbisogno d carburante. Questo rende il Paese particolarmente esposto a eventuali sanzioni occidentali che colpiscano il settore dei raffinati del petrolio. L’Iran sa di essere vulnerabile e per dare segno di forza questo mese ha aumentato di 14 milioni di litri al giorno la produzione interna di diesel… ma solo per un paio di giorni.

Sul piano militare le cose non vanno meglio. Secondo diverse agenzie, Israele “sta preparando una nuova generazione di armi per fronteggiare la sfida iraniana”, mentre Teheran non fa che lanciare esercitazioni a difesa nucleare. (MAl)